Siamo ormai in una fase nella quale, come per il termine “presidente“, se andiamo in piazza e diciamo “sindaco” più di qualcuno si gira, sentendosi ormai investito come tale o almeno come candidato. Scusate il ritardo, aggiorno solo oggi questo spazio perché impegni di lavoro e studio, oltre che personali, mi hanno tenuto lontano. Lo faccio con una riflessione su quello che dovremmo provare a condividere prima di individuare il “sindaco“. E’ noto ai più che il mio nome circola, ripeto da tempo che sarei lusingato ma anche che non è questo il punto. Perché, prima, ce ne sono diversi.
Cosa vorremmo fare: dare un’amministrazione diversa a questa città, mettere in campo una proposta alternativa al modello di varianti, cemento e furberie che il centro-destra fintamente diviso (lo dimostrano gli ultimi accordi, De Angelis quattro anni fa aveva illuso molti…) ha messo in campo nel ventennio che parte dalla fine del 1998. Immaginare un modello di gestione alternativo a quello degli “amici degli amici“, che parta dalla legalità delle cose quotidiane. Mettere in campo un’idea di sviluppo che guardi alla sostenibilità e non al mattone, alla qualità degli eventi e non ai soldi a pioggia, al rilancio del nome della città, ai servizi moderni per i residenti e non, al coinvolgimento – serio – degli operatori, non solo locali, in un progetto che abbia la visione di Anzio del 2038 e del 2058 e non sia semplicemente quello di vincere le elezioni. Serve un programma, condiviso, su quanto si vuole realizzare a breve, medio e lungo termine e su quale visione della Anzio da qui a 40 anni abbiamo.
Con chi: sappiamo che non abbiamo alcuna intenzione di stare con quanti hanno condiviso il governo cittadino. Ma anche con chi – benché senza rilievi penali o con profili ancora da definire – è finito in situazioni che sono politicamente inaccettabili, al di là di quello che avviene nelle Procure e nei Tribunali. Nulla di personale – questo è chiaro – ma la situazione nella quale ci hanno portato non è condivisibile. Da soli, però, non si va da nessuna parte. Se ne sono accorti anche esponenti del Pd che quattro anni fa – con ruoli diversi – forse non fecero gli sforzi necessari a chiudere un quadro che avrebbe scritto una storia diversa. Passato a parte, è evidente che si debba cercare di mettere insieme chi quattro anni fa era dalla parte di Ivano Bernardone, chi da quella di Valerio Pollastrini e chi da quella di Giovanni Garzia. Sapendo che non basta, per questo occorre guardare a realtà civiche e a chi – pur provenendo dal centro-destra e senza aver governato – si è rotto le scatole della staffetta Bruschini-De Angelis, Bruschini-De Angelis, ma soprattutto non ne condivide più i metodi. E non pensa affatto, come chi scrive e tanti altri, che la panacea possa essere quella di un movimento come il 5stelle che si affida ai “guru” e quando ha un eletto – com’è stato ad Anzio – non fa nemmeno opposizione
Perché: un’alleanza vasta, aperta a realtà civiche, basata sulle cose sulle quali la vediamo alla stessa maniera (e sono molte di più di quanto si possa immaginare) a prescindere dalla storia e dalla cultura personale, dall’appartenenza politica che pure molti hanno, di militanza in alcuni casi. C’è una città da provare a salvare, un centro-destra compatto che proverà a vincere al primo turno promettendo ancora la luna, si può provare a contrastarlo solo unendosi. Ripeto quello che ho detto in diversi incontri: dobbiamo tenere la città pulita, riparare le buche, tenere aperte le scuole in sicurezza, immaginare un modello di sviluppo alternativo. Ius soli, fine vita e altre questioni che potrebbero dividerci attengono a vicende nazionali, lasciamole ad altri.
Quando: Su cosa siamo d’accordo? Cominciamo da lì. Alle elezioni mancano 8-9 mesi, ci saranno prima politiche e regionali, ma i tempi per metterci intorno a un tavolo e vedere cosa ci unisce, quale modello di futuro condividiamo, sono maturi. Un tavolo programmatico, scevro da personalismi e da pregiudizi. Sappiamo chi non vogliamo, è evidente, dobbiamo fare in modo che intorno ci siano gli altri. Se e come andrà a finire, dipende da noi.
Come: ai cittadini andrà detta la verità, si dovrà spiegare che la situazione dell’ente è molto difficile (era De Angelis che quattro anni fa parlava di dissesto finanziario, la situazione non è che sia migliorata) e che un’alleanza e un sindaco non hanno la bacchetta magica ma possono proporre un modello diverso. Come si diceva nel breve, medio e lungo periodo. Servirà rovesciare il paradigma del “volemose bene” che ha fatto la fortuna – politica, si intende – di chi ci amministra. Si potrà fare solo rinunciando agli interessi particolari in favore di quelli generali. E’ una rivoluzione culturale che riguarda i cittadini, quelli che spesso preferiscono il favore al diritto. Nella certezza delle regole, per tutti, e nel loro rispetto, c’è la base per #unaltracittà
Chi scrive: ho detto e ripeto, fare il sindaco piacerebbe a tutti, ma candidarsi tanto per dire “io ci ho provato” o “io c’ero” ha poco senso. Farlo per una “testimonianza“, pure. Diverso è il discorso di costruire, prima, un programma e un’alleanza per come ho provato a delinearle sopra. La mia disponibilità è nota, soprattutto a fare non uno ma dieci passi indietro qualora si trovi una figura che mette d’accordo tutti e unisce una coalizione che deve puntare al ballottaggio per poi vincerlo. Tutto mi interessa, oggi, fuorché una poltrona. #iosonopronto e se servo a unire, bene, se non spetterà ad altri. Le cose da fare, per fortuna, non mi mancano.
Però non mi arrendo all’idea che si debba vedere questa città continuare nella sua agonia e che a darci le ricette per il futuro siano quelli che ci hanno ridotto nelle condizioni in cui siamo.
Ma escludendo Lei, c’è il nulla che può opporsi allo strapotere delle “famiglie” che governano da secoli!. Non si vede una persona in grado di distaccarsi dal pensiero “portodanzese classico” del volemose bene e andiamo avanti, tanto chi ci controlla? Cosa ci aspetta per il futuro non lo so, ma non è tanto roseo adesso. Buona serata
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