Ciao Mimmo, maestro di baseball e di vita

mimmo

Non ci sono riuscito o più semplicemente ho sempre rinviato. Ma sì, domani, un altro giorno, tanto sta lì… Quel domani non arriverà più, caro Mimmo, non potrò più venire a trovarti nella struttura di Pontinia dove eri ricoverato da qualche tempo. Non potrò più fare qualche battuta mentre te, con la malattia che avanzava, mi avresti guardato fisso e a malapena avresti risposto. La giornata di oggi è cominciata nel modo peggiore, quando ho visto il numero di Franca – che abbraccio forte, insieme a Daniele e Manuela – mi è salito il cuore in gola. Era presto, ho capito subito.

Con Mimmo Di Liborio se ne va un pezzo di vita. Un pezzo di storia del baseball – tra Latina, Anzio- nel mondo giovanile. Ci siamo conosciuti che io, pessimo giocatore, avevo poco più di 15 anni. Venivo a scuola a Latina, ricordo di un viaggio sul   motorino che usavi per il lavoro di postino fino a casa tua per poter andare a giocare una partita. Poi feci i corsi, cominciai ad allenare, ma senza i tuoi consigli – quelli che dispensavi ai ragazzini come ai grandi – non sarei andato avanti.

Dicevano che vincevi poco, ma oggi centinaia di ragazzini di un tempo – diventati nel frattempo adulti – ti piangono per quello che sapevi trasmettere. Sono le vittorie più belle, sono scudetti che non puoi appuntare sul petto (favoloso quello dei Ragazzi di Anzio del ’96, sai che lo sentivo anche un po’ mio) ma che valgono molto di più. Se Babe Ruth diceva che “non c’è niente di più bello, nobile e leale” del baseball, tu questi principi semplicemente li trasmettevi. Era una capacità innata. Come quella di inventare sempre un modo nuovo per insegnare la battuta o la presa. Si può allenare un interno – ad esempio – anche  con una tavola di compensato, ricordi vero? E quanto entusiasmo, quanta pazienza, quanta voglia di insegnare. Se c’era un’azione durante una partita di allenamento che andava male, fermavi il gioco e ripetevamo. Perché i ragazzi vogliono esempi, non grida. Quando ho iniziato ad allenarli urlavo troppo e mi riprendevi sempre, a ragione. Gli ultimi   che hai formato, tornato a Latina, oggi sono in Nazionale: Mattia Reginato e Alex Sambucci. Prima di loro ci sono generazioni che ti ricordano senza essere arrivate a traguardi di rilievo in questo sport, ma apprezzando i tuoi insegnamenti e ci sono generazioni di avversari che ti rispettano. Oggi è stato naturale, immagino, al trofeo “Kinder Coni” iniziare le partite con un minuto di raccoglimento. Il minimo.

Abbiamo diviso tutto nelle giovanili dell’Anzio, fino a quando ho iniziato a lavorare al giornale: memorabili l’organizzazione della trasferta negli Usa – che purtroppo mi vide restare a casa, proprio per lavoro – e i successivi giochi dell’amicizia disputati tra Anzio e Latina, l’anno dopo. Battemmo gli americani, con un superbo Roberto Rossi – poco più che bambino – sul monte. Siamo stati avversari in serie C, io allenatore del Marconi e tu di un Ceccano che aveva lanciatore Ettore Morellini, mica l’ultimo arrivato…

E come dimenticare la prenotazione, per una Coach convention, all’hotel Excelsior di Livorno che tutto era fuorché eccezionale? Ma anche la necessità della regola dei “4 punti”, le tue esperienze con l’Italia Ragazzi, i titoli europei vinti insieme a un altro allenatore di grande spessore quale Primo Allegri, i pezzi allora su Latina Oggi.

La mente è confusa, Mimmo, ti ricordo con pochi altri del baseball al mio matrimonio, ricordo le telefonate a Natale, i consigli che davi al di fuori dello sport, poi la tua vicenda ospedaliera (a proposito di malasanità…) e il decorso della malattia. In campo ti ci avevamo riportato, allo Stefano7, scegliendo di farti donare una targa dai “tuoi” ragazzi, quelli che vinsero quel campionato nel ’96. E’ un’immagine che gira sui social, sui siti, che sta qui e che dice quanto ti abbiamo voluto bene e quanto bene hai fatto.

Dovevo venire e ho rinviato, sono stato uno scemo Mimmo. Ho scritto oggi per il Messaggero.it l’ultima cosa che avrei voluto. Posso solo dirti grazie, maestro di baseball e di vita. E con me lo dicono tanti altri.

Il cielo del baseball ha una stella in più: fatti due risate con James e con il Kette, ricorda a Stefano che se non carichi la palla in difesa quella ti frega e l’uomo arriva salvo, chiedi a mio padre, Zi’ Carlo, se hai bisogno di portare qualcosa al campo con il furgone, a Cipriano se serve qualche documento. So che ci ritroveremo, un giorno, e avrò ancora tanto da imparare. Tantissimo, amico mio.

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