Le nascite no, il reparto Covid sì. La sanità alla rovescia

La chiusura del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale “Riuniti” di Anzio-Nettuno è stata dettata dall’emergenza Coronavirus. Il direttore generale Narciso Mostarda – capace di attraversare senza colpo ferire prima e seconda repubblica – ha preso la palla al balzo e stabilito che qui non si nasce più. Era nell’aria, ma quel reparto e i servizi annessi non sono stati ancora “cancellati” quindi, venute meno le esigenze emergenziali, devono riaprire. Subito.

In questo senso bene faranno i cittadini che hanno organizzato il flash mob, chi ha presentato mozioni, sindaci e via discorrendo a diffidare l’azienda affinché si proceda alla riapertura. Vero che le nascite sono al di sotto degli standard, a causa del fatto che nel corso degli anni si è scientemente “svuotato” il reparto oltre che del calo demografico, ma un’utenza come quella di Anzio e Nettuno ha diritto a livelli essenziali di assistenza adeguati. I famigerati “Lea” che stabiliscono servizi, posti letto e personale a seconda della popolazione.

Su cosa in realtà debba essere questo ospedale e le scelte che debbono essere fatte – come qui umilmente si sosteneva a settembre scorso – aspettiamo indicazioni concrete e non proclami, né tagli del nastro di “Case della salute” che sono scatole vuote finché non prenderanno in carico realmente i cittadini, quando dovrebbero essere un modello. Meno ancora abbiamo bisogno di comunicati di chi difende l’indifendibile o di chi si erge a paladino della sanità ma fino a domenica nemmeno sapeva dove fosse l’ospedale di Anzio. No, abbiamo bisogno di scelte chiare.

Allora, paradossalmente, chiudiamola l’ostetricia e ginecologia. Ma sì, lo dicono i “numeri”, andiamo tutti ai Castelli in una logica di “hub” e “spoke” tanto cara ai manager della sanità, e siamo a posto. Va bene, si dica con chiarezza ma soprattutto si dica quale “percorso nascita” si propone per le donne del territorio, quali servizi (esiste ancora un consultorio?), come saranno “accompagnate” dal concepimento al parto facendo nel territorio tutto il necessario e chi materialmente le porterà all’ospedale dei Castelli al momento opportuno, poi ci si dica quale percorso di sostegno avranno una volta tornate a casa in termini di visite, allattamento al seno, persino banali certificazioni che vivendo ad Anzio e Nettuno si potevano fare all’ospedale di riferimento grazie a un familiare e poi andrebbero fatte ai Castelli.

Ce l’hanno la Regione e la Asl questo coraggio? Sono in grado di dire alle 300 donne che sono rimaste a partorire qui che saranno seguite sul territorio e andranno solo all’ultimo istante ai Castelli, peraltro con un servizio “taxi” della stessa Asl? Suvvia, assessore D’Amato e direttore Mostarda: se si coglie l’occasione di chiudere per l’emergenza Covid e ancora non si riapre, si dia un’alternativa seria e credibile e i cittadini potrebbero persino apprezzare.

Ma bisogna essere chiari e qui, purtroppo, lo si è poco. Perché i bambini devono nascere altrove, ma una struttura Covid sul territorio – Villa dei Pini – ce la ritroviamo senza autorizzazione e senza che siano finora resi noti provvedimenti adottati dalla Regione e dalla Asl nei confronti della proprietà. Il sindaco ha formalmente le mani legate. Certo, poteva evitare di salutare chi diceva di rinunciare al reparto Covid come “eccellenza sanitaria” e oggi essere lì a fare le barricate, potrebbe intanto fare un accesso agli atti alla Asl e alla Regione per capire la procedura seguita dalla proprietà di Villa dei Pini. Perché no una ordinanza che quasi certamente sarebbe stata stracciata dal Tar ma sarebbe un segnale: sarai pure una eccellenza, però hai di fatto aperto senza autorizzazione un reparto.

Detto del primo cittadino che comunque scriverà al prefetto, come sollecitato dalla commissione sanità, ci spiegano Regione e Asl per quale motivo i pazienti Covid della Rsa “San Michele” di Aprilia sono stati trasferiti in fretta e furia come previsto dai protocolli – per esempio – e quelli di Villa dei Pini restano qui? E perché si chiede la revoca dell’accreditamento di alcune realtà che hanno avuto focolai Covid nelle Rsa mentre qui tutto tace?

Sarà un’impressione sbagliata, ma sul nostro territorio assistiamo a una sanità alla rovescia: i bambini da far nascere no, i pazienti Covid usciti dalla porta e rientrati dalla finestra sì. Complimenti

Rifiuti, biogas, Covid e “ricattatori”: non ci siamo

Diciamo la verità: nessuno vorrebbe trovarsi a fare il sindaco durante una pandemia con ricadute sociali ed economiche devastanti. E diciamo la verità: gli sforzi fatti dal Comune di Anzio – che ha unito fondi propri a quelli nazionali dei quali leggiamo sull’albo pretorio – vanno apprezzati. Al netto di una retorica che ha accompagnato ogni azione, comprensibile ma che era il caso di evitare.

Così come – in tempi di open data – è inutile distinguere i casi positivi al Covid 19 tra residenti e non. Come se il ministro Speranza,  dopo i due cinesi curati allo Spallanzani, avesse detto “nessun italiano positivo”. I dati relativi ai contagi avvenuti ad Anzio dall’inizio della epidemia sono consultabili qui e chi scrive sa bene che con certi numeri non ci sarà alcuna zona rossa, tanto meno la auspica. Continuiamo ad adottare le misure previste e ne usciremo. Ma prendere per scemi i cittadini o peggio “bannarli” dalla pagina Facebook del Comune se dicono qualcosa di sgradito, non è certo il massimo.


Come non lo è quanto accaduto intorno alla vicenda biogas e rifiuti, dimissioni della dirigente, incarico a uno che non potrebbe assumerlo (solo ora si cerca un parere) e ritorno al servizio ambiente di chi è indagato per una serie di vicende legate a quel settore (e resta innocente fino a prova contraria) ma è stato vittima di minacce e vede l’assessore di riferimento imputato in quel fascicolo. Ci spiegheranno che non c’è incompatibilità ed è probabilmente vero, l’assessore ha minacciato altri non il dirigente, ma al posto di chi si occupa di anti corruzione una questione di opportunità la solleveremmo. Siamo ad Anzio e tutto si può, anche emettere una ordinanza per mandare rifiuti in un impianto che si vuole chiudere (a parole e nelle lettere ufficiali) senza prevedere alcun impegno di spesa. Sì, al momento non esiste e senza quello difficilmente si può scaricare. A meno che quelli che “o ci vengono perché li chiamano o perché sanno che trovano terreno fertile” – come ebbe a dire il sindaco prima di tornare alla guida della città – siano benefattori. Cosa che non risulta, visto che avrebbero posto – ma questo potrebbe confermarcelo l’assessore – un limite alle tonnellate conferibili che è pressoché la metà di quelle che si producono ad Anzio. Speriamo non sia vero, come auspichiamo che i consiglieri di opposizione abbiano capito male e non ci sia alcuna “trattativa” ma si conosca già il prezzo di conferimento. Lo aveva proposto – a 100 euro a tonnellata – la stessa società ma in cambio di una “convenzione”, senza la quale evidentemente qualcosa è cambiato. Certo finora non spendevamo più del doppio, come sarebbe emerso in commissione ambiente. Basta andare a leggere le determine. Nettuno, intanto, conferisce a 150 euro ma con una “intermediaria” che sta ad Aprilia ma qualche interesse sportivo ad Anzio ce lo avrebbe, come ha scoperto Agostino Gaeta. Si sa, lo sport, il sociale, i “ragazzini”, quante volte ci si è girati altrove con queste scuse…

In tutto questo il sindaco ha sentito il dovere di urlare ai quattro venti (social e media locali) contro “ricattatori seriali”. Lasciamo stare gli altri aggettivi, degni del suo predecessore del quale egli stesso ha detto di essere la continuità, mancherebbero “ominicchi”, “viperette” e “ingegneri navali” ma non è questo il punto. Chi sono i “ricattatori seriali”? Il sindaco è ricattato? E da chi? Per cosa? Ha denunciato chi prova a ostacolarne l’azione? Questo, finora, nessuno (sempre meglio il “copia e incolla”, suvvia….) ha sentito il dovere di chiederlo. Perché parlare di ricatti è grave, ben sapendo come solo qualche “santo in paradiso” – con l’attiva partecipazione del Pd e del ministro Minniti – ha evitato che la Prefettura approfondisse certi rapporti tra criminalità e ambienti politici. Sarà bene, allora, che venga fatta chiarezza sui ricatti dei quali parla il sindaco. C’è anche una petizione on line in tal senso. Perché gli sfoghi possiamo pure dire che fanno parte del personaggio, è noto, poi è un periodaccio per tutti e non è semplice gestire l’emergenza, ma un sindaco ricattato proprio no.