Il libro che il fraterno collega Gianluca Atlante ha dedicato a Vincenzo D’Amico è l’omaggio a un campione, un tuffo nella lazialità, il riassunto di un calcio che abbiamo amato e non c’è più.
È prima ancora il tributo a un figlio di Latina – mia città adottiva per una trentina d’anni – che non aveva dimenticato le sue origini. L’ho letto con colpevole ritardo e qualche lacrima che da laziale ci sta tutta.
Nelle pagine iniziali c’è il rapporto con il “Nicolosi”, un quartiere che ha rappresentato e rappresenta l’anima popolare del capoluogo pontino, poi la perfetta descrizione della zona tra via Monti e il tennis club ai “Giardinetti” o cos’era il Cos che come tale – purtroppo – non esiste più. Poi vengono le storie e i ricordi, di chi ha giocato con “Vincenzino” o l’ha avuto avversario, di chi ha vissuto l’esperienza in campo o in tv insieme a lui.
Poi le partite importanti nelle quali si caricò la Lazio sulle spalle (a quella dei 3 gol al Varese c’ero), tanti aneddoti e passaggi che commuovono. Sono certo non solo i laziali. A me resta un incontro al Mocafè, in corso Matteotti, la sua disponibilità, la battuta pronta. Quando gli dissero “è un giornalista del Messaggero“, io mi affrettai a rispondere “ma ti sto salutando come laziale” e lui “a mbè…” con un sorriso grande così. Questo era Vincenzo D’Amico, bandiera della Lazio. Lo sanno e per questo lo rispettano anche gli avversari.
Ps: Latina e la Lazio finora hanno fatto poco per ricordarlo. Il libro di Gianluca (bravo!) è un monito affinché la sua città e la squadra per cui ha dato tutto, si sveglino.
Mi giunge la triste notizia della morte di Fiore De Santis, imprenditore nel settore delle pompe funebri capace di associare diverse agenzie della provincia sotto l’egida della Ifal, consigliere comunale e assessore per lungo tempo a Sermoneta, persona sempre disposta al dialogo con i giornalisti e soprattutto a fornire qualche “dritta”.
Quando volevo fare questo mestiere, all’università tenne una lezione Giampaolo Pansa che ci disse che dovevamo conoscere un direttore di banca, saperci muovere in tribunale e alla camera di commercio. Aveva perfettamente ragione, ma aveva dimenticato che un cronista deve avere rapporti anche con chi ha agenzie funebri. Sono loro che intervengono sempre, dall’incidente al decesso del personaggio noto, fino all’omicidio.
Con lui, sin dai tempi di “Latina Oggi”, si era instaurato un rapporto di reciproca fiducia. Se accadeva qualcosa e non ti vedeva arrivare, chiamava per dirti che fine avessi fatto. Quando c’eri, bastava uno sguardo per capirsi e dirgli, senza parlare “se c’è una foto della vittima, mi raccomando….” E se arrivavi in una casa – i social non c’erano e le suole andavano (come andrebbero) “consumate” – di fronte a qualche titubanza dei familiari era lui a mediare. E poi qualche dritta su come fosse andata l’autopsia, quella sulla fissazione delle esequie…. Ma anche la disponibilità, a Sermoneta, per qualsiasi cosa ti servisse. Una sera, se non ricordo male era il 2007, ospitavamo al castello la cena del congresso dell’Unione nazionale cronisti. La Compagnia dei Lepini aveva organizzato, insieme al Comune, l’accoglienza ma non avevamo fatto i conti con qualche anziano partecipante ai lavori. “Fiore, ma come lo aiutiamo a salire a questo? Come fate con i funerali?” E lui, serafico: “Vado a prendere una cassa e lo porto sopra...” Per fortuna, alla fine, non servì.
Il massimo fu in occasione della tragedia che sconvolse la città, ma l’Italia intera, con un’esplosione nella caserma dei carabinieri di Latina. C’erano i media di tutto il Paese e si svolgeva l’autopsia, i colleghi arrivati da altrove non conoscono la camera mortuaria dell’ospedale “Santa Maria Goretti” ed erano giustamente tutti piazzati dal lato in cui sarebbe uscito il medico legale. Io ero lì per l’Ansa e il Messaggero e vidi spuntare Fiore dalla parte opposta, quella per intenderci dove si possono visitare le salme. Mi avvicinai, chiesi del funerale e di altre curiosità, mi misi al telefono per dettare all’Ansa la fissazione delle esequie per il giorno dopo. Fiore si fermò a fumare una sigaretta poco distante. Un collega con accento del nord arrivò trafelato, mi chiese chi fosse e io “Il sostituto procuratore Fiore De Santis“. Lui capì al volo e quando il giornalista si avvicinò, rispose: “Ho detto tutto a Del Giaccio” e se ne andò, voltando le spalle. Fummo capaci, in una circostanza tragica, di inscenare un “duetto” che mise in evidenza quella reciproca fiducia e fece sottintendere a Fiore – verso quel collega – “non ti conosco, non so chi sei“. E’ anche questo il giornalismo locale, di “prossimità” come dicono quelli che hanno studiato. Ne riparlammo spesso, sempre scherzandoci sopra, di quella vicenda. Era anche un rapporto diverso e amichevole tra fonte e giornalista, senza tutti gli “orpelli” di chi oggi vuole autorizzare a dare notizie, come l’ex ministra Cartabia, procuratori timorosi, forze dell’ordine che aspettano il via e temono chissà cosa.
Non lo vedevo da tempo, una volta incontrandolo a Sermoneta capii che non stava bene perché fece fatica a riconoscermi. Chiesi ai “suoi” della Ifal – che abbraccio forte, a partire dal figlio – cosa fosse successo ma confermarono solo che aveva un problema. Restano tutte le volte che mi ha dato una mano, quella sera a Sermoneta (ma anche altre, davanti alla polenta prima della sagra), quell’indimenticabile “duetto”. Non sarà stato un magistrato, come io l’ho definito quel giorno, ma una persona importante per il mio lavoro. E glie ne sarò sempre grato. Ciao Fiore!
Ai debiti del bilancio 2022 si sono uniti quelli dell’anno successivo, la fuggiasca ex amministratrice unica – nel frattempo diventata presidente di Acqualatina – ha certificato il quadro fallimentare della Capo d’Anzio e la commissione straordinaria continua nel prendere tempo. A questo punto Marinedi, titolare sub judice del 39% delle quote che attualmente sono in mano a un amministratore giudiziario, ha chiesto di liquidare la Capo d’Anzio. Marinedi, quindi Marconi, il socio privato portato con “Italia Navigando” e che sta facendo con la società che doveva realizzare e gestire il porto, ciò che ha fatto con la sua stessa creatura “Italia Navigando”, ritrovandosi quasi dal nulla 10 approdi. A quel punto, offre la soluzione. In attesa della decisione del Tribunale, la situazione è fallimentare e nel caso di liquidazione si apre un fronte nuovo: il porto non si realizza e questo ormai era noto, ma chi lo gestisce? E siccome il Comune è titolare del Demanio, quali intenzioni ha la commissione straordinaria, oltre ad attendere gli eventi e tollerare i copia e incolla del dirigente nel frattempo in aspettativa?
Alle perdite pari a 608.000 euro del 2022, si aggiungono 155.000 euro del 2023, il totale dei debiti è paria 3 milioni 448.593 rispetto ai 3 milioni 373.200 dell’anno precedente. Gli incassi, il cosiddetto “valore della produzione”, resta pressoché identico, scendendo da 1 milione 91.631 del 2022 a 1 milione 90.387 del 2023. Prima di andarsene nel lido più sicuro di “Acqualatina”, l’amministratrice Cinzia Marzoli ha ribadito che la continuità dell’impresa è a rischio, come leggiamo qui sotto. Non da oggi, aggiungiamo noi
La liquidazione e il commissariamento sono dietro l’angolo, anche se a Velletri – inteso come Tribunale – ci sono vie infinite. Non è un caso, comunque, che la vicenda abbia preoccupato almeno i dipendenti che vogliono conoscere il loro futuro, ma aggiungiamo che la stessa preoccupazione è di chi ha un posto barca in affitto (sempre meno) o deve entrare e uscire dal porto tutti i giorni con un escavo (da concessione a carico della Capo d’Anzio) fatto di fretta, pressoché inutilmente e a carico della società che accumula così ulteriori debiti. Divenuti troppo grandi e per i quali un piano di risanamento sembra impossibile, almeno da presentare fra meno di una settimana in tribunale. C’è una via d’uscita: il liquidatore porta al fallimento con tutto ciò che questo comporta, ma il Comune può sempre “darsi” la concessione o metterla a bando. Chi gestisce, poi, il porto? Torniamo alla casella di partenza di oltre 30 anni fa, quando si cercavano amici degli amici e si presentavano mega plastici in campagne elettorali. All’idea del porto che doveva essere “nostro”, della città, abbiamo purtroppo rinunciato da tempo.
I SILENZI
Al silenzio, non solo su questo, della commissione straordinaria, si unisce quello della politica. Tace la Regione che pure ha una concessione con canoni mai riscossi, i partiti locali soprattutto di centro-destra, quelli che ci hanno portato in questa situazione (si veda la foto della campagna di Bruschini che succedeva a De Angelis con lo sloga “continuiamo insieme”), pensano alle liste per le prossime amministrative e alla vittoria che sentono già loro, ma non spendono una parola su questo argomento. Anzi sì, circolano nuovi e fantomatici “fondi” tipo quelli dei turchi-napoletani dell’epoca Bruschini. Il Pd ci va di “fioretto”, gli altri del centro-sinistra continuano a preoccuparsi del progetto – ormai irrealizzabile – e pazienza se noi cittadini pagheremo tutti i debiti accumulati dalla società. Si è distinto il Movimento 5Stelle che almeno ha fatto commissioni trasparenza, ha presenziato alle commissioni in regione, ha smosso le acque sulla Capo d’Anzio.
ps, una delle entrate maggiori è data dai parcheggi, quelli che il centro-destra – complice un dirigente della polizia locale voluto dalla stessa politica – “regalò” ai protagonisti dell’indagine Malasuerte. Che passaggi di quell’inchiesta siano nell’operazione Tritone che ha fatto sciogliere il consiglio comunale, è un dettaglio…