Non sapremo mai dagli uffici chi erano i 16 tra consiglieri comunali e assessori dei quali si ipotizzava la decadenza perché morosi nei confronti del Comune di Anzio. Il difensore civico dell’area metropolitana di Roma, avvocato Alessandro Licheri, ha risposto all’istanza presentata al Garante della privacy che l’aveva a sua volta girata al difensore civico regionale il quale per competenza l’aveva mandata a lui, rispetto al diniego da parte del Comune dei nomi di personaggi pubblici.
L’istanza è stata rigettata “in quanto le argomentazioni espresse dal responsabile U.O. tributi e demanio della città di Anzio sono quanto normativamente previsto“. Ne prendiamo atto, dovremmo tentare la strada del Tribunale amministrativo regionale per cercare di dimostrare che se i consiglieri comunali e gli assessori devono per legge comunicare redditi, proprietà e via discorrendo, a maggior ragione dovrebbero dimostrare di aver pagato i tributi al Comune. Ma ci fermiamo qui, anzi facciamo sinceri complimenti all’ufficio per aver fatto ciò che “normativamente previsto“. Un giorno, forse, avremo in Italia il cosiddetto Foia e allora sarà veramente tutto pubblico e accessibile. Ora con una norma contenuta nella legge 241 del ’90 – che ignora quanto successo fino alle recenti norme su trasparenza e accesso agli atti – si nega, giustamente se è così, qualcosa che i cittadini ma prima ancora il Consiglio comunale hanno diritto di sapere.
Vorremmo uno sforzo, però: in consiglio comunale prima era questione di “cinque-sei giorni“, poi gli uffici “stanno lavorando“, possibile che dopo quasi tre mesi ancora non sappiamo chi dei sedici destinatari della lettera era in regola o lo è diventato nel frattempo?
Sappiamo che Marco Maranesi è persino creditore dell’ente, che altri dicono di avere “stupidaggini“, abbiamo sentito dire che alle società di mogli e dove si possedevano quote non potevano essere contestate le somme e che altre erano prescritte. Si vuole far capire non a chi scrive, per carità, ma ai cittadini e ai consiglieri comunali in regola qual è stata, alla fine, la soluzione?
Siamo proprio certi che, in questo caso, sia stato fatto quanto “normativamente previsto“? C’erano presunti incompatibili che nel frattempo hanno avuto modo di sistemare la loro posizione?
Lo zelante Ivano Bernardone che si era giustamente preoccupato della pubblicazione della notizia, della strumentalizzazione (termine ormai più in uso di qualunquismo), del fare di tutt’erba un fascio, dando vita a un dibattito che resterà tra i più singolari della storia del Consiglio comunale di Anzio, può avere la bontà di chiedere che fine ha fatto la vicenda?
Privacy o meno, ciò che emerge è che in quell’ufficio il 3.0 sbandierato da Bruschini non sembra essere arrivato. Almeno non per vicende pregresse o, peggio, solo per chi riveste un ruolo pubblico nel Comune.
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