Tanti mi stanno chiedendo come mai ho deciso di occuparmi, addirittura in un libro, dei casi di sangue infetto. A tutti rispondo che è stata, semplicemente, la curiosità di un giornalista. Siamo gente strana, noi cronisti, spesso “indigesta” – tanto che dal Ministero della Salute si sono ben guardati dal rispondere alle richieste di avere anche la loro versione sui mancati risarcimenti – ma finché saremo curiosi varrà la pena di fare questo mestiere.
“Vai, vedi e racconta“, ci dicevano quelli che ci hanno preceduto e questo straordinario mestiere l’avevano nel sangue. E vale sempre se vuoi fare il cronista. A maggior ragione oggi che il motto – più degli editori che vorrebbero ridurre la nostra figura a quella di passacarte è “copia e incolla“.
Curiosità, allora. Quanta gente è in queste condizioni? Che trafila deve fare per ottenere un risarcimento? E cosa è successo quando ha scoperto la malattia? Come lo ha scoperto? Cosa gli hanno detto? Perché si “nasconde” dietro un decreto legge la transazione della transazione? E’ così che mi sono trovato davanti un mondo. Fatto di tanta dignità ma anche di grande indignazione. Di realtà che supera la fantasia. Di persone alle quale sarebbe bastata, a volte, semplicemente una parola: “Scusa“. Storie vere, vissute nella realtà ma aiutate anche da quanto si sta vedendo con la fiction “1992” con il poliziotto che ha preso l’Aids per gli emoderivati. Nel libro c’è un padre che ha perso due figli per quello che veniva considerato un toccasana.
Non ho pretese scientifiche, tanto meno tecnico-giuridiche. Spero di aver fatto al meglio il mio lavoro.
Ringrazio gli intervistati, anzitutto, senza i quali la ricostruzione delle storie non sarebbe stata possibile né avrebbe avuto senso leggendo semplicemente carte processuali. E ringrazio Francesco Giubilei, il giovane editore che a dispetto delle tante case editrici che si professano “di denuncia” è l’unico ad aver creduto in questa ricostruzione e avermi dato fiducia. Gli altri ringraziamenti sono nel testo che spero vorrete acquistare e leggere.
Concludo con la dedica che apre il lavoro. Non poteva essercene una diversa. “Le bastavano poche righe per capire, mentre lui ripeteva: giudizio. A mamma e papà“.
Un pensiero su “Noi cronisti, gente curiosa. Così nasce il libro sul sangue”