Porto, finiamola di prenderci in giro

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L’amministrazione comunale non ha idea del da farsi sul piano operativo di razionalizzazione della Capo d’Anzio, a conferma del fatto che sul porto si naviga a vista o, peggio, si lavora nelle segrete stanze.

Questa mattina in cartella non c’era altro che la relazione del dirigente dell’area finanziaria, secondo il quale dovremmo dismettere le quote e basta. Buttando al vento 15 anni di impegno, di voti unanimi del consiglio comunale, di specifici mandati a sostenere il progetto della Capo d’Anzio, le difficili (e ostacolate) pratiche per arrivare all’accordo di programma e alla concessione.

Il capogruppo del Pd Andrea Mingiacchi ha messo nero su bianco che in cartella non c’è nulla, quindi venerdì in consiglio comunale l’argomento non può essere trattato.

Era una scadenza di legge fissata al 31 marzo, ma com’è noto qui a rispettare le leggi non siamo così bravi. Intanto mettiamola all’ordine del giorno, poi si vedrà. Questo devono aver pensato in maggioranza. Ignorando – o fingendo di ignorare – che un piano la Capo d’Anzio l’ha fatto e ha avuto il via libera del sindaco. E’ di dicembre 2013, approvato dall’assemblea dei soci un anno fa, “razionalizza” e spiega come una società nata per fare il porto oggi abbia intanto la possibilità di gestirlo e portarlo avanti rivedendo il crono-programma e poi di realizzare almeno il bacino interno per “fasi”. I consiglieri comunali lo sanno o vivono nel mondo delle favole?

Chi lo sa per certo è il  dirigente dell’area finanziaria, Franco Pusceddu, non fosse altro perché fa anche parte (per legge e gratuitamente) del consiglio d’amministrazione della Capo d’Anzio. Ai capigruppo avrebbe riferito oggi che il Comune non è in grado di procedere a un piano operativo, gli uffici non ce la fanno. Altro “tassello” verso la dismissione. Nessun capogruppo, immaginiamo, ha provato a controbattere e così venerdì avremo si è no una discussione. Né qualcuno, ma eravamo assenti, avrà sentito il bisogno di chiedere perché il controllo analogo sulla Capo d’Anzio non c’è stato – e perché – o il motivo per il quale in bilancio la fideiussione non c’è.

E i capigruppo hanno avuto sentore di una citazione in giudizio, a tre anni di distanza dall’ordine del giorno che diceva al Comune di andarsi a riprendere le quote, con la quale si fa causa a Marconi per pagarlo a prezzi di mercato? Vero, c’è stata la delibera recente per riprenderci le quote, ma è il caso di decidere una volta per tutte cosa intende fare il Comune di Anzio con il porto in quanto, ancora, socio di maggioranza della società. E’ una cosa che sosteniamo da tempo, sottolineando come il sindaco una cosa faceva in assemblea e un’altra ne diceva in Consiglio comunale. Ora le carte sono scoperte: finiamola di prenderci in giro. Possiamo tenere la Capo d’Anzio, dimostrando da qui al 2017 che non è da dismettere? Bene. Possiamo continuare con il piano finanziario messo a punto da Marconi? Bene. Intendiamo mandare via il socio privato? Spieghiamo perché  nei tre anni scorsi abbiamo dormito e come e dove prendiamo i soldi oggi, altrimenti è demagogia. Intendiamo fare una “evidenza pubblica” per cedere le quote? Spieghiamo il perché.

Un’ultimo capitolo: le dimissioni si danno oppure no. A Luigi D’Arpino va dato l’onore delle armi, riconosciuto che ha rinunciato ai compensi del 2014 consentendo di far pareggiare il bilancio della società, gli va fatto un plauso se il sindaco ritiene e poi si deve voltare pagina. Ci sarà in Italia un personaggio che “fa” porti, è di garanzia per tutti, e può provare a guidare verso la salvezza una società che ha visto presidenti come Gianni Billia e Antonio Baldassarre.   E se il dirigente dell’area finanziaria – che ha messo nero su bianco che non firmerà atti sul piano di razionalizzazione – non intende proseguire con la Capo d’Anzio, si nomini qualcun altro.

Di tutto abbiamo bisogno fuorché di giochi che hanno un solo obiettivo: allontanare la realizzazione del porto e favorire – chi tira la cosa da una parte e chi dall’altra – tutti ma non i cittadini di Anzio.

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