Avevano affittato una sede al porto, poi anticipando la “spending review” l’avevano dismessa. Il Comune aveva assegnato loro lo spazio di piazza Pia, dove per anni è stata l’azienda di soggiorno e turismo, quindi i vigili urbani e ancora il centro disabili “Elena Castellacci”, mentre l’estate scorsa è stato utilizzato dal delegato al turismo Luciano Bruschini come ufficio informazioni.
La Capo d’Anzio, società che al momento deve gestire il porto perché la realizzazione del nuovo è di là da venire, non ha una sede operativa. Eppure quei locali, secondo una delibera di giunta del 2010, sono destinati proprio alla società che per il 61% è del Comune. Ma è sorto un problema. Già, una collezione di conchiglie. Donata o in fase di donazione al Comune e in cerca di “casa”, con qualche consigliere comunale e assessore che “spinge” affinché sia dato proprio quello spazio. C’è stato addirittura un recente sopralluogo.
Sulle sedi, è noto, in Comune si fa un po’ come si vuole. Partiti inesistenti, associazioni appena nate, assegnazioni provvisorie, gente che non paga da anni. Cambiano assessori, si rifanno i censimenti, ma poi resta tutto com’è. Così è “normale” che una collezione di conchiglie – per quanto prestigiosa – rischi di prendere il posto della Capo d’Anzio. Che nel frattempo se deve incontrare un potenziale acquirente di posti barca fa di necessità virtù. E’ noto, per esempio, che alcuni incontri si sono svolti alla Lega Navale e che per far firmare i contratti l’avvocato e consigliere d’amministrazione è andato “porta a porta”.
Ecco, solo immaginare che una società che secondo le intenzioni del Comune ha in mano il futuro di Anzio non possa avere la sede indicata perché deve andarci una collezione di conchiglie è l’ennesima dimostrazione del pessimo livello che è stato raggiungo.