Mi sfugge il motivo per il quale un imprenditore deve “prendere” una squadra di calcio, a maggior ragione dilettantistica. La passione, certo. La visibilità, non c’è dubbio. Qualche agevolazione fiscale, sicuramente. E poi? Con il calcio non si guadagna, almeno non direttamente, però c’è un grande andirivieni di “cordate” interessate all’Anzio.
I problemi erano noti a inizio campionato, Franco Rizzaro – che merita tutto il plauso possibile per quello che ha fatto in questi anni, da solo – aveva lanciato l’allarme. Inascoltato. Aveva comunque allestito la squadra, sperando in tempi migliori. Che non sono arrivati. In compenso si è parlato prima del gruppo campano disposto a subentrare nella gestione, poi di imprenditori locali evidentemente spariti, adesso di un’altra coppia pronta a subentrare.
Intanto la squadra non c’è più, gente che in queste categorie pretende cifre ormai impossibili ha preso altre strade, e oggi i ragazzi del vivaio hanno onorato la maglia.
E’ il caso di ripartire da qui. Basta con cordate, quote societarie, giochi di potere. Chi è interessato, oggi, a un titolo sportivo ha un fine diverso da quello di gestire una società calcistica, ammesso abbia i soldi per prendersi quel titolo. Allora si faccia una bella cosa: di quali mezzi finanziari dispone l’Anzio? Si decida in base a quello. Campionato di Eccellenza o Promozione, paradossalmente Terza categoria, non fa differenza. Purché ci sia restituito l’Anzio e basta, senza che qualcuno venga a “prenderlo” per altri fini.
Vorrà dire che la festa dei 90 anni – ormai saltata, anche qui quante promesse vane… – la faremo per i 91. Con i mezzi che ci sono, senza voler strafare. Grazie ancora a Franco Rizzaro, grazie ai ragazzi che sono scesi e scenderanno in campo sapendo che si avviano a una retrocessione certa. Alla fine sarà meglio così.