I fatti danno fastidio, ma è meglio non essere bravi…

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A volte provo un po’ di invidia per quelli che con una brillante sintesi il mio maestro ed ex direttore, Luigi Cardarelli, definiva gli “inviati di un giorno“. La crisi dell’editoria ha limitato – e di molto – la figura mitica degli inviati. Ne girano sempre meno, in alcune redazioni sono spariti come qualifica, ma comunque per vicende di un certo rilievo ci sono ancora quelli che partono e vanno a raccontare le storie accadute. L’invidia è data dal fatto che arrivando in un posto sono ritenuti i “professori” di turno, ma soprattutto perché domani saranno altrove e non dovranno confrontarsi con le fonti locali.

Chi, invece, tutti i giorni consuma le suole – come si usava dire un tempo – il confronto ce l’ha quotidiano. Conosce, stringe rapporti, ha più o meno confidenza, ma resta pur sempre un giornalista chiamato a fare il suo lavoro. In provincia, proprio perché c’è questo confronto continuo, è un giornalista chiamato a maggior ragione a essere credibile.

Una premessa necessaria per dire che se uno fa questo lavoro è chiamato a dare notizie. A volte di persone che conosce, altre persino di amici e parenti. Perché di fronte a un fatto si ha il solo dovere di andare, vedere e raccontare. Di raccogliere le storie, cercare le conferme, verificare con le fonti. Certo, ormai nell’imperante “copia e incolla” e nella corsa a dare “buchi” su siti e social network stiamo perdendo ulteriore credibilità come categoria. Ma i fatti no, quelli restano e ci dobbiamo sforzare di continuare a raccontarli con la nostra deontologia, la coscienza professionale e tutto ciò che sappiamo.

Quello che dà fastidio, allora, è che si continui a essere presi come quelli che “massacrano” o “gettano fango” solo per aver fatto il loro lavoro. Peggio, parte la corsa – appurato che il fatto è incontrovertibile – al “reo“, a chi ha rivelato la notizia, a chi ha avvisato il giornalista e a quale fine abbia. Ma la vicenda è vera o non? L’episodio è accaduto o meno? Quello che è scritto negli articoli corrisponde alla “verità sostanziale dei fatti” come ci ricorda la legge professionale o non? E allora perché non dovremmo pubblicarlo? Anzi, perché c’è chi viene quasi “processato” perché ritenuto colui che ha passato una notizia? Perché ieri eri simpatico e affidabile, oggi non vogliono più avere rapporti con te, anzi dai fastidio?

I bravi giornalisti intesi come coloro che copiano e incollano, pendono dalle labbra dell’assessore o del potente di turno, quelli che “l’ha detto l’agenzia” o che aspettano il comunicato, sono tanti. E non fanno bene il loro mestiere, a mio modestissimo avviso.

Soprattutto nella prima linea di provincia ci sono tanti altri   che invece danno fastidio, non sono bravi come vorrebbe qualche zelante ufficio stampa  o  potente di turno, trovano le notizie, le verificano e le scrivono. E gli altri, non potendo smentire, si mettono a fare gli “ispettori” per capire com’è uscita quella notizia o a fantasticare del perché, ti danno del “giornaletto” o cercano di mettere ostacoli della serie qui non entri più o simili, quando non ti portano in Tribunale con querele temerarie o maxi richieste di risarcimento.

Ecco, meglio non essere bravi per come intendono questo mestiere certi personaggi. Anzi, meglio tenere sempre a mente ciò che Giampaolo Pansa scriveva sull’Espresso ad agosto del 2005: “Se il giornalismo non è cattivo, un po’ carogna, senza rispetto per chi comanda, che giornalismo è?

E’ un articolo che tengo alle mie spalle, in bacheca, insieme a un pezzo di carta vetrata donatami dai colleghi dell’allora Latina Oggi dopo che Graziella Di Mambro mi aveva ribattezzato – appunto – “cartavetro” per il mio modo di essere.  Personale e professionale. Per questo preferisco, da sempre, non essere bravo.

Ebola, la Asl che “indaga”, i segreti di Pulcinella

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Non sorprende che la Asl avvii accertamenti su una presunta fuga di notizie in merito al sospetto caso di ebola avvenuto ieri all’ospedale “Riuniti” di Anzio-Nettuno. Riferisce Young tv che l’azienda sanitaria non avrebbe “gradito” la notizia e starebbe indagando. E’ sempre così, anziché preoccuparsi della veridicità di un fatto riportato, si va alla ricerca del capro espiatorio. Di chi possa aver dato la notizia. Tranquilli, quello di ebola – cari investigatori della Roma H che sarete chiamati a cercare di capire – era uno dei tanti segreti di Pulcinella di casa nostra.

Chi era in pronto soccorso ieri, infatti, ha dovuto indossare la mascherina. Ai parenti in attesa fuori è stato detto che c’era un ipotetico caso di virus e sono scattate le misure di prevenzione previste dai protocolli. E’ vero questo? Basta e avanza per scrivere. Se poi non era ebola ma un caso diverso, se ne prende atto. Ma ieri, davvero, bastava essere in pronto soccorso per capire se non altro l’agitazione che c’era.

Questa vicenda mi ricorda la convocazione in Procura, quando ad Anzio arrestarono due egiziani presunti terroristi in procinto di preparare un attentato a Roma. Una “bufala” colossale, alla fine, ma quel giorno la paranza con gli immigrati venne fatta rientrare in porto prima, c’erano carabinieri schierati, elicottero… A chi mi interrogava chiedendo chi mi avesse fornito la notizia risposi candidamente che tutto era avvenuto in “un porto di mare”. Sostenendo con questo che era di dominio pubblico. L’interrogatorio per quella “fuga di notizie” finì lì.

L’operazione di allora dei carabinieri, come l’avvio delle procedure di ieri in pronto soccorso e come tante altre notizie “sgradite” a dirigenti di aziende sanitarie, politici, imprenditori, sono note e i giornalisti sono tenuti a darle. Verificando, andando sui posti, affidandosi a fonti attendibili, chiamando gli uffici stampa che spesso come prima cosa “smorzano” o prendono tempo, ma esiste il dovere dei cronisti di informare e quello dei cittadini di sapere. Seguendo sempre il principio del: vai, vedi, racconta.

Altro che “fuga di notizie” o personale che ha fatto la “soffiata”. Alla Asl si preoccupino d’altro, non dei segreti di Pulcinella.

Le notizie, l’hotel e il consigliere “border line”

C’è una grande differenza tra ciò che “è” notizia e ciò che “fa” notizia. Nonostante uno provi a spiegarla in tutti i modi, chi vive negli ambienti politici di Anzio e spesso “di” politica, fatica a comprenderla. E parte con le sue congetture, dimenticando i fatti e fantasticando su altro, altrimenti mettendo le mani avanti e illustrando la sua verità. Premessa doverosa per provare a rispiegare, dopo aver letto le dichiarazioni del consigliere comunale Umberto Succi rilasciate al “Granchio”, la vicenda dell’hotel chiuso dal sindaco con un’ordinanza.

Ebbene “è” certamente una notizia che chiuda un hotel, “fa” notizia perché si tratta di quella che è stata una delle strutture più importanti e prestigiose del territorio. Immaginiamo il sindaco di Rimini che chiude l’Excelsior, per fare un paragone, passato nel frattempo dai fasti all’ordinarietà.

L’ordinanza del sindaco afferma che la situazione dei locali comporta “un serio pericolo per la salute e l’igiene pubblica”. La notizia esce, siamo ai tempi di internet e i candidati  in corsa un anno fa con Bruschini 3.0 dovrebbero saperlo, viene condivisa sui social network e ci sono normali, normalissimi cittadini che segnalano la presenza in quella struttura di anziani. Bastano poche verifiche e si apprende che in un’ala dell’hotel del quale il sindaco ha ordinato la chiusura dopo un sopralluogo di Asl e Carabinieri si ospitano anziani in un albergo dedicato a loro: Villa Aurora. Il direttore generale di questa struttura nella struttura è l’ex assessore Italo Colarieti. E’ e fa notizia, o no? E cosa deve esserci dietro se non un fatto di pubblico interesse? La società precisa e non possiamo far altro che prenderne atto (http://www.inliberuscita.it/primapagina/34623/hotel-chiuso-le-precisazioni-di-braco-srl/), spiega che lì si potranno ospitare “anche anziani”. Ma sentito dal Granchio Umberto Succi, il quale formalmente non c’entra con la società che gestisce l’hotel da chiudere, spiega che una parte resterà tale e un’altra sarà destinata a struttura per anziani. Mettersi d’accordo no? Dice, poi,  che ci sono lavori in corso, che è tutto a posto e che è stata presentata una domanda al Comune per fare questa “operazione” di sdoppiamento, chiamiamolo così, dell’albergo. Dobbiamo comunque credere anche a lui.

Succi, guarda caso, è pure consigliere comunale e interviene su un’ordinanza del sindaco. Atto nel quale, fra l’altro, si scopre che c’è una nota del 24 dicembre 2013 spedita dalla Asl al Comune ma che non ha avuto conseguenze rispetto alle “modalità di approvvigionamento idrico”.

Formalmente, ripetiamo, il consigliere eletto nella lista Enea dopo che Patrizio Placidi è tornato assessore, non c’entra con l’hotel ma ha di fatto un interesse diretto. Di parlare di compatibilità siamo un po’ stanchi, diciamo che opportunità vorrebbe che  fossero altri a precisare quello che è accaduto. Altrimenti il consigliere si pone in una posizione “border line”. E’ e fa notizia, o no? E trattandosi di personaggio pubblico, che si coinvolge da solo in una notizia di interesse pubblico parlando con un settimanale locale a difesa della struttura da chiudere, va sottolineato o no il suo ruolo al limite della compatibilità?

A parere di chi scrive assolutamente sì, altri troveranno chissà quale motivazione per spiegare che tutto sommato, visto che siamo ad Anzio, va bene così…

Peccato che Succi non sia nuovo a vicende del genere e dispiace dover ricordare la vicenda della concessione balneare revocata dal Comune mentre lui era assessore al turismo o quella, più recente (ma non era ancora rientrato in consiglio) della famiglia ospitata a chissà quale titolo e autorizzata da chi,  per la quale lo stesso Comune oggi dovrebbe pagare.  Ecco, c’è una grande differenza tra ciò che “è” notizia e ciò che “fa” notizia. E’ ora che qualcuno cominci a rendersene conto.