Gli incompatibili, la laurea, le quote rosa. Tutto è legalità

marinacapodanziosito

Va condiviso quanto pubblicato sul settimanale “il Granchio” di oggi rispetto alla situazione di Anzio e alle morosità di assessori e consiglieri comunali. Se siamo arrivati a questo punto è perché da circa un anno – cioè da quando su questo umile spazio venne data notizia delle lettere spedite a eletti e nominati rispetto alle pendenze nei confronti del Comune – non viene fatta chiarezza.

Chi deve farla è il sindaco, per gli assessori (sappiamo della Cafà ma era un “fraintendimento“, arrivò la lettera anche ad altri) e il presidente dell’assemblea Sergio Borrelli per i consiglieri, da ultimo Antonio Geracitano che annuncia querele e intanto non rende note le commissioni che convoca.

Ci avevano promesso una soluzione “in cinque sei giorni” ma non l’abbiamo vista. Né l’opposizione, come fa notare il Granchio, sembra molto interessata alla vicenda che vede personaggi potenzialmente incompatibili  decidere su cosa debbono pagare i cittadini. Ad esempio a cominciare dai parcheggi che sono diventati a pagamento tutto l’anno. Chiedono ai residenti i i soldi per fare cassa, ma tra loro c’è chi non paga i tributi….

Già allora, anziché discutere sul nulla per un’ora, al posto di un consigliere comunale avrei detto a Borrelli: caro presidente, qui non si va avanti finché non sappiamo chi può sedere e chi non in quest’aula. Senza troppi fronzoli, senza preoccuparsi della privacy (di personaggi pubblici, ricordiamolo) svolgendo il proprio ruolo di controllo.

Ma ad Anzio va così, che ti metti a fare…. Quello che non condivido è l’accenno alla vicenda della laurea sbagliata del nuovo dirigente dell’area finanziaria. Era chiesta quella in economia e commercio e lui ce l’ha in giurisprudenza. L’unico a farlo notare è stato Andrea Mingiacchi che ha verificato – con un accesso agli atti – la mancata rispondenza tra quanto chiesto dal bando e il titolo valutato dalla commissione. Certo, non è “il” problema di Anzio, ma in un paese normale il Comune avrebbe già provveduto e forse – essendoci potenziali profili penali per la commissione che ha valutato i titoli – qualche forza di polizia avrebbe agito in base alla “notizia criminis” riportata dalla stampa. Perché la legalità parte dalle piccole cose.

Da chi paga i tributi, da chi valuta i titoli per quelli che ha chiesto,  da chi rispetta la legge sulle quote rosa. Quando Roberta Cafà e Laura Nolfi diedero le dimissioni “irrevocabili” lanciai una petizione, scrivendo alla consigliera regionale alle pari opportunità e al Prefetto. Presero in carico la vicenda, poi le dimissioni sono rientrate e la giunta è tornata a rispettare la legge.

Devo dare atto, adesso, al meetup  Grilli di Anzio e in particolare a Rita Pollastrini e Tiziana Mancino, di aver sollevato il caso per la società partecipata “Capo d’Anzio“. Il dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio ha diffidato la società a ristabilire la parità di genere nel consiglio d’amministrazione e nel collegio sindacale. Ho scritto sui social – e confermo – che la Capo d’Anzio ha ben altri problemi da affrontare ma  porre una questione del genere è corretto e ora speriamo che la legge venga rispettata anche qui.

Perché tutto è legalità, a prescindere da chi pone le questioni, dalla tessera che ha in tasca, da come la pensa o è schierato. E solo ripartendo da quella si può immaginare un percorso diverso per Anzio.

Un percorso necessariamente lontano anni luce da ciò che leggiamo nelle carte delle indagini in corso e nelle interrogazioni parlamentari che chiedono al Prefetto di Roma di utilizzare uno strumento di prevenzione qual  è la commissione d’accesso. Siamo arrivati a certe gravissime situazioni perché troppe volte si è detto “va be’, ma che fa….” quando, invece, non c’è una violazione più o meno grave a seconda di chi la denuncia.

Tutto è legalità: incompatibili, lauree sbagliate, quote rosa, cooperative con presunti esponenti della camorra, mancato recupero dei soldi chiesti dal Mef, gli atti da pubblicare (tutti)  e via discorrendo.

 

Non ne va bene una: fermatevi, per carità

consiglioanzio

Perché dici che serve #unaltracittà? Semplice, perché qui ad Anzio non ne va bene una. Perché questa classe politica e dirigente ha fatto il suo tempo e deve assolutamente fermarsi. Deve farlo per lasciare spazio – se i cittadini vorranno, ovvio – a chi non ha legami con questo sistema e al tempo stesso non sente l’esigenza che qualcuno lo “diriga” da Genova e da una Srl o da qualche corrente di partito a Roma.

L’ultima notizia riguarda il consigliere comunale e presidente della commissione ambiente Antonio Geracitano, forse la goccia che fa traboccare il vaso di una maggioranza che difende se stessa e i suoi componenti, complice un’opposizione che certi argomenti preferisce non affrontarli se non marginalmente.

La società del consigliere – che non la amministra ma ne è di fatto il capo assoluto – deve al Comune oltre 30.000 euro. Ha fatto un piano di rientro e non l’ha rispettato. Al netto delle difficoltà che ciascuno di noi può avere – e che sono comprensibilissime – è evidente che Geracitano non può restare al suo posto. E non ci si venga a dire che non è l’amministratore, si strumentalizza e bla, bla bla….

Perché davvero se le metti in fila, quelle dell’amministrazione Bruschini, forse ti rendi conto che essere assessore o consigliere comunale rappresenta per chi sta in maggioranza una specie di “lasciapassare“. Tutto ti è consentito e l’opposizione tace perché la “po-li-ti-ca” impone questo. Chiamiamolo bon ton istituzionale, deferenza, “nulla di personale” o quello che volete, ma davvero a rileggere quello che è successo viene da dire: basta, per carità.

Primo mandato Bruschini, l’assessore Placidi viene condannato dalla Corte dei Conti a risarcire il Comune. Provvedimento che ancora oggi non mi trova d’accordo, ma che esiste e va rispettato. Per restare al suo posto e non incappare nell’incompatibilità deve pagare tutto e subito o può rateizzare? Si chiede un parere al Ministero dell’Interno, quello arriva ma sparisce nei meandri del Comune finché chi scrive – e il settimanale Il Granchio – non lo scova. Placidi è rimasto da incompatibile, perché poi ha pagato, per oltre un anno nel suo ruolo. Risposta di Bruschini: “Sarà uno dei tanti documenti che mi capita di non leggere….“. A più riprese l’ex segretario Savarino e l’ex direttore generale Pusceddu hanno detto di non sapere nulla di quel parere e di non averlo visto.

Primo mandato Bruschini, l’assessore ai servizi sociali Colarieti è direttore della casa di riposo “La Francescana”. Formalmente compatibile – anzi al limite della compatibilità – ma quando arrivano i vigili urbani è lui a fermare il verbale. Si scoprirà durante il processo successivo all’arresto di Colarieti che la cooperativa che aveva ottenuto la proroga ritenuta un “favore” dal Tribunale, lavorava anche presso la casa di riposo. Gratis o quasi. Per quella vicenda viene condannata in primo grado anche la dirigente Angela Santaniello (che nel frattempo ha scontato tutto) immediatamente sospesa e non ancora reintegrata fra ricorsi e controricorsi. Il dirigente della polizia locale Bartolomeo Schioppa resta al suo posto con condanna definitiva per corruzione, il secondo dei successori va in pensione silenziosamente dopo la pronuncia di primo grado.

Intanto la Ragioneria dello Stato contesta decine di punti al Comune, le controdeduzioni sono rispedite al mittente, tra le contestazioni mosse all’ente i soldi percepiti in più dal segretario Savarino, alcuni dai dirigenti, stabilizzazioni ritenute “illegittime” e via discorrendo. Che fine ha fatto, come ha provveduto il Comune? Lo ignoriamo. Quello che sappiamo è che la Corte dei Conti contesta, da anni, irregolarità nei bilanci e l’incapacità di riscuotere.

E i consiglieri? E gli assessori? A novembre sempre chi scrive scopre che ci sono una quindicina di lettere a eletti e nominati di “incompatibilità” perché morosi nei confronti del Comune. In uno dei dibattiti peggiori che il Consiglio comunale ricordi il problema era, nell’ordine: chi ha dato la notizia, Del Giaccio è il candidato del Pd, gli uffici hanno sbagliato, quei tributi sono prescritti,  e via discorrendo. Il presidente del consiglio comunale, Sergio Borrelli, si impegna a dare una soluzione “entro cinque sei giorni”. Tra un mese sarà trascorso un anno e non sappiamo ancora chi ha pagato e chi non, ma intanto viene resa nota la morosità dell’assessore Cafà che va su tutte le furie. Di certo all’attenzione del presidente ci sono altri due casi che lui non porta in Consiglio comunale e che l’opposizione non chiede di discutere. Ah, se i tributi per qualcuno fossero stati davvero prescritti, significa aver dichiarato il falso al momento della sottoscrizione degli atti nei quali si afferma – assumendo l’incarico di consigliere – che non ci sono cause di incompatibilità. Va be’, tanto pure ci fossero chi dice niente? Intanto si è deciso, nell’assise pubblica, quanto dovessero pagare i cittadini senza essere in regola. E ci si stracciano le vesti perché va recuperata l’evasione. Degli altri.

Perché come si dice dalle nostre parti “che te metti a fa?” Così un albergo chiuso con ordinanza del sindaco diventa centro di accoglienza per immigrati, ma senza un consigliere comunale interessato non sarebbe mai accaduto. Anzi, quando un altro hotel chiede di ospitarli ed è regolarmente aperto il sindaco va lì e fa le barricate. E per eliminare la concorrenza di una cooperativa di parcheggiatori al porto c’è da pagare un “pizzo“, viene citato (e ha sporto denuncia a riguardo) il vice sindaco, ma è tutto a posto. Come il fatto che in un’indagine per la quale a novembre inizia il processo finisce a giudizio immediato chi ha apertamente sostenuto – a suon di voti – gli eletti di questa maggioranza. Che tace, fa quadrato, difende i suoi fortini, prova a “collocarsi“. Come Luciano Bruschini – il consigliere comunale delegato al turismo – che dopo un’estate da dimenticare è passato armi e bagagli a “Noi con il cuore” tenendo ovviamente la delega che in altri tempi sarebbe stata tolta o si sarebbe avuto la dignità di restituire. Ma a questo castello di carte, se ne togli una crolla tutto. Così una cooperativa a me e una a te, un’associazione mia e l’altra tua. Il porto? Fai minacciare il presidente nominato che va a fare ciò che l’assemblea gli ha detto di fare, si dimette, ne nomini uno che però nemmeno può firmare un assegno della Capo d’Anzio.

Ma sì…. Dimissioni? Una burla, tranne quelle di Luigi D’Arpino, perché per la seconda volta due assessore (Cafà e Nolfi) le hanno date e ci hanno ripensato. Alessandroni, invece, e Zucchini, le avevano solo “minacciate“.

Fermatevi, davvero, perché si cambiano organizzazioni dell’ente – per non farle funzionare – senza un disegno chiaro ovvero per sistemare chi fa più “comodo” alla politica. Perché abbiamo rischiato per la “smania” politica di controllare gli appalti (al punto di rinviare fino all’ultimo la stazione appaltante) di non far mangiare i bambini a scuola, perché la città sommersa dai rifiuti “è colpa dei dirigenti” secondo l’assessore Placidi che nel settore (e non solo) ha fatto bello e cattivo tempo, dicendo chiaramente che preferiva una ditta piuttosto che un’altra. Perché il sindaco, in consiglio comunale, rispetto a un appalto disse “avete voluto fare le gare, ecco il risultato“.

Perché pure per prendere un dirigente rischiamo di aver sbagliato. Serviva una laurea e lui ne ha un’altra, come dire giocando a briscola che serve l’asso per prendere il tre, ma siccome il giocatore è bravo gli concediamo di prendere con il tre e pazienza se l’altro ha un asso.

Ecco, fermatevi. Per carità.

 

Consiglieri morosi, devono al Comune di Anzio 400.000 euro

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Era nell’aria, di qualcuno si parlava da tempo. Adesso è nero su bianco in quindici lettere spedite ad altrettanti consiglieri comunali di Anzio: sono morosi nei confronti dell’ente, quindi della città che sono chiamati a rappresentare.

O pagano o sono incompatibili, tanto che nelle lettere spedite dall’ufficio tributi viene fissato un termine per mettersi in regola.

Nei loro confronti il Comune ha avviato l’azione di recupero per una somma che si aggira intorno ai 400.000 euro, soldi in larga parte per tariffa dei rifiuti mai pagata in passato o saldata solo in parte, oltre che di contravvenzioni. Per sé direttamente o per società amministrate o in qualche modo rappresentate.

Una cosa assurda, con l’auspicio che i destinatari della lettera vadano immediatamente a saldare il conto e poi ci dicano che l’hanno fatto. Perché da questo momento in poi, ogni giorno, chi scrive chiederà al responsabile dell’anticorruzione e trasparenza, al dirigente del servizio finanziario, a quello dei tributi, chi sono i rappresentanti eletti dal popolo che chiedono ai cittadini di fare sacrifici, ci hanno portato con un bilancio allo sfascio, magari girano su macchine che altri non possono permettersi ma poi si guardano bene dal pagare il dovuto.

Alcuni nomi – anche di vecchi e nuovi censori o paladini della legalità – sono noti ma non è corretto farli perché è bene saperli tutti e quindici. Se esiste un’opposizione, ammesso non ci siano  suoi rappresentanti con debiti verso l’ente, da questo momento chiede chi sono coloro che non sono degni di sedere in Consiglio comunale e decidere cosa dovranno pagare i cittadini, mentre loro sono i primi a non farlo.

A uno “sgarrupato” consiglio comunale mancava solo una vicenda del genere per dire che è stato veramente toccato il fondo in questa città. E se hanno pagato coloro che sono stati condannati – ad avviso di chi scrive ingiustamente – dalla Corte dei Conti, è bene che lo facciano tutti gli altri e subito. Se per un anno si è tenuto nei cassetti un parere del Ministero con l’incompatibilità di Placidi è bene, stavolta, aprirli subito quei cassetti e farci sapere chi non paga.

Nessuno vuole condannare i consiglieri comunali, tutti possiamo avere periodi di difficoltà – i cittadini lo sanno bene – ma poi vediamo super tenori di vita e magari scopriamo che qualcuno fa il furbo. No, non va bene…

Se c’è chi ha problemi lo ammetta, avrà tutta la comprensione dei cittadini, se la legge lo prevede si metta a rate e lo dica pubblicamente. Altrimenti, se non paga, vada a casa. E non ci faccia più la morale.