La sensazione che abbiamo superato il limite la provo da tempo. La caccia alle streghe non mi è mai piaciuta, quindi chiunque vada oltre nelle sue affermazioni – a volte solo per partito preso – mi infastidisce. Il linguaggio della politica di casa nostra – ad Anzio in particolare – è ormai tutto sul personale, perché non è il futuro della città a interessare ma il proprio. D’altro canto, come recita il vecchio adagio, a stare vicino al sole ci si scalda di più e per molti quel sole è “fare” politica ovvero occupare un posto e poter dire la propria in quel consesso, far pesare il proprio voto, ottenere. Allora ci si divide non se vogliamo il piano del colore o il porto, bensì se spetta a una cooperativa o a un’associazione qualcosa e alla mia o a quella “vicina” a me nulla. Per questo a chiunque dissente va trovato un difetto, va attaccato personalmente.
La prendo da lontano per dire che ad Anzio, ma anche a Nettuno, il clima si fa sempre più pesante. Non la penso come Agostino Gaeta su Edoardo Levantini, per esempio, perché ritengo che il coordinamento antimafia faccia sforzi notevoli per tenere alta la guardia sul territorio. Parla di cose concrete, di sentenze, di rapporti scientifici. Si smentiscano, ma non si dica che il problema è “Levantino” come viene definito. Altrimenti arriviamo al punto che il problema non è la camorra, ma Saviano che la racconta, facendo imbufalire il sindaco di Napoli in un “teatrino” che non fa bene all’Italia.
Ma come diceva Voltaire, e come ad Anzio ci ricordano nella sala consiliare con un cartello: “Detesto ciò che dici, ma mi batterò fino alla morte perché tu possa dirlo“. Allora al tempo stesso è giusto dire che Agostino Gaeta – con tutti i suoi difetti – è uno che a modo suo racconta questo territorio. Raccontava, almeno, anche se non credo che smetterà di farlo dopo l’annunciata chiusura già paventata in passato e ribadita oggi. Certo non è giornalista, ha avuto pure i suoi guai, ma non facciamo come Orwell per cui “tutti gli animali sono uguali, ma i maiali sono più uguali degli altri“. Allora serve rispetto, per le opinioni di tutti. Se poi ci sono profili penali, si perseguano. Di più: un giornale si può comprare o non, leggere o meno, è la più grande arma in mano a un lettore.
Dico questo conoscendo Edoardo e Agostino, ma conoscendo anche molte delle persone che si accapigliano su chi possa avere titolo a parlare e chi non. Lo dico per principio e da un osservatorio – tutto mio personale, sia ben chiaro – che è quello di chi prova, da anni, a raccontare questo martoriato territorio, denunciando il malaffare e restando spesso inascoltato.
Lo dico a maggior ragione dopo il video del sindaco di Nettuno, Angelo Casto, che se la prende con i giornalisti. Non mi interessa perché sia uscito fuori oggi e chi l’abbia reso noto, certo è che lui adesso è sindaco e quelle sono parole pesanti, ma soprattutto cose che evidentemente pensa – insieme ai suoi accoliti – di chi fa il giornalista. Conosco Casto da quando era giovane funzionario Digos a Latina e io giovane cronista, non ho alcun dubbio sulla sua persona e sulla sua professionalità, in più sono certo che ha ereditato a Nettuno una situazione pesante. Ma in quel video – con chiunque ce l’avesse – scende al pari di chi negli anni ha definito (e definisce) “giornaletti” i media locali, al pari di chi dà dell’infame, dello pseudo giornalista, del prezzolato e via discorrendo. Diventa come gli altri politici e personaggi pubblici che sono allergici a chi racconta. Che differenza c’è tra Casto che canta e Stefano Di Magno che faceva le magliette contro il Granchio, ad esempio? Tra la nuova e la vecchia politica?
Certo, chi fa questo mestiere non è esente da responsabilità, a livello locale ha a maggior ragione il dovere di verificare le fonti, non seguire le “sirene” del politico o dell’imprenditore di turno, di pesare le parole. Chi ha la bontà di seguirmi sa che non ho mai fatto, non faccio e non farò difese corporative. Mai mi sognerei, però, di definire “cazzari della verità” i commercianti, gli artigiani, i netturbini, i commercialisti, gli avvocati e chi volete voi. Gli stessi politici che pure qualche castroneria la raccontano ai cittadini. Mi spiace che l’abbia fatto una persona che stimo.
Io preferisco continuare a cercare carte, provare a dimostrare che su un determinato argomento è stata detta una cosa e se ne fa un’altra, che ci sono documenti che mancano e via discorrendo. Voglio tenermi il mio diritto dovere di critica, senza fare questioni personali (se parlo di un politico è per il ruolo che ricopre e non per altro) provando a rispettare tutti e chiedendo scusa quando sbaglio.
E’ per questo che è meglio abbassare i toni, lasciando ai giornalisti – tutti – il diritto/dovere di verificare quello che fanno gli amministratori pubblici e di rispettare – tutti – le regole che impone questa straordinaria quanto delicata professione.