Eugenio, quel largo, il mio grazie. Ma chiudiamo via Ambrosini

Mentre Velia scopre la targa che porta il nome di Eugenio Mingiacchi “cittadino e imprenditore” la commozione è inevitabile. A lui sono legati ricordi indelebili: le prime richieste di sponsorizzazione per una caccia al tesoro, quelli della nascita e del consolidamento del “Granchio” (“se ci credete mettete 100.000 lire al mese, se poi aspettate un figlio ce li metto io”), le tombolate, i consigli se avevi un problema, il suo guardare avanti – pochi forse sanno che il primo provider internet ad Anzio e Nettuno lo installò lui – l’amore per la città. Eugenio è stato cittadino nella migliore accezione di questo termine e imprenditore capace di spaziare su diversi fronti. A 18 anni dalla sua scomparsa l’intitolazione di quello spazio di fronte alle scuole di via Ambrosini chiude una vicenda con il Comune che sarebbe lungo e inutile raccontare. I familiari, forti dei suoi insegnamenti, hanno fatto un gesto di generosità che rende onore a loro e alla memoria di Eugenio. A loro va – per quello che conta – il ringraziamento di chi scrive. Simone, il figlio maggiore, ha ricordato che occorre guardare al presente e allora voglio lanciare una sfida che – sono certo – sarebbe piaciuta anche a Eugenio.

È un’idea non di oggi, venne persino immaginata per un periodo prima che l’allora sindaco Luciano Bruschini disse no a cose fatte: chiudere via Ambrosini almeno al momento di ingresso e uscita delle scuole. Niente auto, “riprendiamoci la strada” – così recitava l’iniziativa del Consiglio di istituto di allora che forse la dirigente scolastica intervenuta ieri potrebbe rispolverare. Restituiamo la strada ai bambini, insegniamo loro che pochi passi non sono un problema e non c’è bisogno di “infognarsi” fino davanti al cancello delle scuole. All’epoca venne immaginato un percorso pedonale da Villa Albani da un lato e da via Fanciulla d’Anzio dall’altro, ma anche fare scendere i bambini dall’auto (se proprio non si può fare altrimenti) all’inizio di via Ambrosini e farli proseguire a piedi.

Immagino già le obiezioni, di fronte alle quali Eugenio con il suo indimenticabile sorriso avrebbe convinto tutti. Il problema? La burocrazia, certo, ma anche genitori poco inclini a far camminare i figli per poche decine di metri. Sarebbe l’ostacolo più grande da superare, ma mai dire mai.

Ah, già che ci siamo, almeno finché via Ambrosini sarà aperta e siccome il passaggio tra le due scuole conduce a Villa Sarsina, sarebbe bene dare un piccolo segno di discontinuità, evitando di passare in auto mentre entrano o escono i bambini.

Una piccola riflessione, infine. Nel suo intervento la coordinatrice della commissione straordinaria, prefetto Antonella Scolamiero, ha sottolineato come ad Anzio ci sia tanta brava gente. Non avevamo dubbi. Certo dire “lasciamo stare perché siamo qui” – riferito alla presenza della Commissione – è parso fuori luogo. Non dobbiamo lasciare stare, signora prefetto, perché lo scempio compiuto dal “sistema Anzio” e i legami con ‘ndrangheta e camorra sono scritti nelle pagine dello scioglimento del Comune e dell’operazione “Tritone”. Ah, per quella che mi piace chiamare legalità delle cose quotidiane, ho visto rimuovere due veicoli dal piazzale che si stava per intitolare. A memoria (ma posso sbagliare), non ricordo altre rimozioni in questa città. Anche per questo non dobbiamo lasciare stare…

Falasche, troppo tardi. Il campo e la città allergica alle regole

Il campo di Falasche sarà riconsegnato oggi, 7 settembre, al Comune di Anzio. Quello che la società aveva realizzato, contando di poter restare, finirà a Lido dei Pini e l’attività agonistica continuerà. Restano fuori i famosi “regazzini” (ma ci saranno delle navette) che ieri sono stati portati a protestate a Villa Sarsina. Dispiace per loro, ma qualcuno dovrebbe dirgli che quel campo chiude troppo tardi. Sì, perché per anni – lì come in piscina, nelle sedi dei partiti come in locali dati ad associazione e divenuti vere e proprie attività – è stato consentito di tutto in nome della politica. Dei consensi. Solo apparentemente dei “regazzini”. I quali, insieme ai loro genitori, oggi – se vanno via, ma anche per essere stati lì finora – dovrebbero ringraziare i sindaci De Angelis-Bruschini-De Angelis e solerti dirigenti come Patrizio Belli (arrivato con un titolo per un altro, che fa…) e il signorsì Luigi D’Aprano. Poi tutto il codazzo di porta-voti al centro-destra, a cominciare da Alberto Alessandroni e i vari accoliti in cerca di un po’ di potere.

Ah, ai “regazzini” andrebbe fatto leggere – a futura memoria – cosa è scritto nella relazione che ha portato allo scioglimento del Comune per condizionamento della criminalità. E’ storia, non si potrà cancellare, è una delle pagine più brutte (lo scioglimento) di quanto accaduto in questa martoriata città governata negli ultimi 25 anni sempre dalla stessa coalizione.

Leggiamolo insieme: “Particolare attenzione è stata posta dalla commissione d’accesso alle procedure di affidamento di un impianto sportivo comunale che hanno disvelato irregolarità, clientelismo e il sistematico sfruttamento di risorse pubbliche favorite dalle inerzie e dai ritardi dell’amministrazione comunale. A tal proposito, viene riferito che l’impianto sportivo era stato dato in gestione ad un’associazione sportiva dilettantistica che ha maturato negli anni un consistente debito verso il Comune di Anzio, ma tale ente locale non ha provveduto a revocargli l’affidamento, come invece prevede il regolamento comunale. Nel frattempo l’originario gestore si è fuso con altra società sportiva, assumendo una nuova denominazione, ed ha richiesto il subentro nella concessione dello stesso impianto. Nonostante la sostanziale continuità amministrativa con la precedente gestione – le due gestioni condividono infatti alcuni nominativi ricoprenti le cariche direttive, tra i quali anche un consigliere comunale, convivente con un soggetto di rilevata caratura criminale – e la sussistenza del debito pregresso non estinto, il comune ha consentito alla nuova associazione di continuare ad utilizzare il bene comunale per oltre due anni senza averne titolo e senza che il credito vantato dal comune fosse soddisfatto. Nella relazione viene riferito anche di un parere legale appositamente richiesto che ha rilevato la illegittimità di tale procedura e nel quale viene precisato che il nuovo soggetto ha assunto i diritti e gli obblighi dell’originario gestore, subentrando, dunque, anche nell’obbligo di pagamento dei debiti pregressi verso il Comune”. Debiti che sono, credete, l’ultimo problema. Lo sfratto è avvenuto troppo tardi. Chi ha consentito, negli anni, che su un impianto pubblico si configurasse una maxi evasione Iva? Chi ha dato un finanziamento per fare il manto sintetico “dimenticando” di farselo restituire se non tardissimo? Chi ha accettato preventivi arrivati in Comune prima che la società chiedesse di fare i lavori? Chi ha fatto un bando su “misura” perché per ottenere l’impianto era necessario avere una determinata categoria? Li ho scritti sopra, loro direttamente e chi ha contribuito a che ciò avvenisse. L’impianto di Falasche, lo ripeto da anni, è la punta dell’iceberg della fallimentare gestione del patrimonio del cosiddetto “modello di amministrazione” ma leggendo i commenti sui social di questi giorni, chi (persino da sinistra) si stracciava le vesti in nome dello sport e degli investimenti fatti, tutto ciò si è innestato su una città allergica alle regole. Per non dire peggio.

Su un brodo di coltura che risponde all’equazione “c’avemo i voti e famo come ci pare” e che ha favorito anche la criminalità organizzata, ma al tempo stesso ha rappresentato la sistematica violazione di regole elementari spesso mascherandole dietro ai “regazzini” o altre finalità apparentemente sociali. Non funziona così e stupisce che la destra “ordine e disciplina” oggi si preoccupi se qualcuno – la commissione straordinaria – quelle regole le fa rispettare. Cominciasse a farlo ovunque, anzi sta impiegando sin troppo tempo e su alcune vicende sembra in perfetta continuità. Ma lo facesse, perché abbiamo bisogno di ripartire da quella che mi è sempre piaciuto chiamare legalità delle cose quotidiane.

Che esista una città allergica è noto, così cpme sappiamo che in Comune sono stati fatti (prima e oggi) figli e figliastri rispetto ai debiti delle società sportive, ma poi i risultati sono quelli contenuti nelle pagine dello scioglimento. Le più brutte

ps, quando, non contento della risposta ottenuta su un accesso agli atti, presentai un esposto in Procura citando la potenziale truffa al Comune di Anzio, il magistrato si affrettò ad archiviare dicendo che per l’accesso agli atti c’era il Tar…. Si sa, ad Anzio il mare era ‘na tavola e ci ha dovuto pensare la Dda a intervenire

ps 1, quando feci notare a De Angelis che era inopportuno avere Alessandroni assessore per il contenzioso in atto anche sul caso Falasche, venni aggredito alla fine dell’unico consiglio comunale al quale presi parte

ps 2, per chi vuole approfondire quanto ho sostenuto negli anni, basta cliccare qui