C’è la trasparenza decantata, quella messa nei comunicati ufficiali copiati a piene mani da siti e agenzie, e quella reale. La Regione Lazio predica bene e razzola male e aspetto ancora – sono trascorsi più di due mesi – la risposta in merito a un documento che chissà cosa contiene se è così difficile da avere. E’ la nota con la quale, nel dicembre scorso, la Regione ha fatto dietrofront sul centro di alta diagnostica per immagini di Latina. Da lì è partito un percorso kafkiano che finora ha prodotto un solo risultato: il centro unico in Italia per macchinari e potenzialità rischia seriamente di non farsi più nel capoluogo pontino, anche se nessuno sa dirci ufficialmente perché a livello istituzionale. Chiedi alla Regione Lazio, all’ufficio stampa, ma della nota non ti fanno sapere nulla. Fai chiedere a un consigliere regionale di opposizione, ma nemmeno lui riesce a scardinare la burocrazia. Allora pensi al percorso ufficiale: richiesta di accesso agli atti “ai fini di un servizio giornalistico” (a cosa siamo arrivati…) dalla pagina dell’Ufficio relazioni con il pubblico (Urp). E’ il 4 agosto, l’Italia è in ferie, ma la risposta automatica con il numero di “ticket” assegnato alla richiesta arriva subito. Speri sia la volta buona, ma nulla…
Allora chiami, due mesi dopo, e chiedi. E’ ormai una questione di principio, la lettera e il suo contenuto nel frattempo sono ormai noti per vie traverse, ma scopri da una gentile operatrice che la Regione ha chiesto alla Asl di provvedere… Siamo seri, quella nota è partita dagli uffici della Regione Lazio e per quale motivo – in quella che è ormai universalmente nota come accessibilità totale – non sia ancora stata consegnata a chi l’ha chiesta è un mistero. E fortuna che attraverso l’Urp, fra l’altro “il cittadino ha la possibilità di porre quesiti ed osservazioni attraverso il canale mail ed ottenere risposta in tempi brevi”. Brevi quanto, di grazia?
Ah, comunque la lettera non serve più. Grazie lo stesso.