Si fa presto a gridare “le case per gli immigrati si trovano, per gli italiani che aspettano no“. E’ semplicistico e non corrisponde alla verità. L’annuncio dato dal sindaco questa mattina ad Anzio, e le diverse reazioni che sono state registrate in Consiglio comunale e poi sui social network, hanno evidentemente creato un allarme. E’ normale in casi del genere.
Va detto però che il Comune, mai come in questo caso, è assolutamente estraneo. Perché dei “richiedenti asilo” si occupa la Prefettura e perché è lì che si decide dove mandarli, seguendo la politica di mettere piccoli nuclei in diverse parti del territorio, senza che i Comuni possano fare nulla. Salvo preoccuparsi del peso che, eventualmente, avrà una presenza del genere sul territorio e di che tipo di eventuale integrazione si può immaginare.
Ha fatto bene il sindaco a ricordare le esperienze fatte in questa città, in passato, con gli albanesi. Ma qui, giova ricordarlo, ci siamo fatti carico anche dei profughi provenienti dallo Zaire. Cittadini italiani dovuti fuggire in fretta e furia e per i quali, dopo un periodo pagato dalla Regione, sono stati i Comuni a doversi far carico di tutto. Poi ci siamo ritrovati, per una scelta del Comune di Roma – a vantaggio di chi vendette quelle case ad Anzio 2 a un prezzo superiore a quello di mercato – gli sfrattati della Capitale. Diventati residenti e con un peso non indifferente per le casse del Comune.
Nel caso dei “richiedenti asilo” non è così. Né è vero che i soldi vanno a loro, bensì alle cooperative che gestiscono questa emergenza, trovano gli immobili (e ad Anzio ce ne sono a iosa) e propongono le sistemazioni. Ci si dovrà preoccupare, allora, di evitare che succeda quanto già avvenuto a Nettuno e che non si verifichino tensioni nella zona. In passato, per fortuna, non è mai avvenuto. Il resto sono facili preconcetti.