E’ stato giustamente ricordato quando in ogni casa, anche ad Anzio, nell’allora “campagna“, c’era inevitabilmente il “pezzo di vigna“. Si faceva il vino per la famiglia e qualche amico, spesso – a ripensarci oggi – di pessimo gusto. Ma quello c’era e soprattutto erano lontani i tempi dei sommelier e della diffusione della cultura del buon bere, oltre quella del buon mangiare.
La presentazione di Antium, la nuova etichetta che accompagna il vino prodotto da Casale del Giglio con uve Bellone – a noi, ma soprattutto ai cugini nettunesi più note come Cacchione – è stato un momento per conoscere il prodotto, ma soprattutto per apprezzare ancora una volta le eccellenze di questa città. La qualità dalla quale dovrebbe ripartire, se vuole rinascere.
La stupenda struttura del Paradiso sul Mare – ancora oggi affidata all’istituto alberghiero che è uno dei fiori all’occhiello nel panorama dell’istruzione locale e non solo – che il Comune deve necessariamente valorizzare trovando finalmente un’intesa con l’Area metropolitana. Una cantina che è sì alle Ferriere, ma può essere considerata patrimonio del territorio per come il suo “guru” Antonio Santarelli ha inteso interpretare ciò che lo circonda. Dagli scavi dell’università di Amsterdam nella sua azienda, fino alla riscoperta – a Ponza, prima ancora che ad Anzio – di nicchie di prodotto che contraddistinguono un territorio. Un’enoteca che è un punto di riferimento in città ma anche per produttori nazionali. Quattro ristoratori tra i più rinomati, i quali hanno promosso i loro piatti, quelli di Anzio, della tradizione e non solo, abbinandoli al nuovo vino. Che ovviamente nulla ha a che vedere con quelli che preparavano i nostri nonni.
Una rondine, dice il vecchio adagio, non fa primavera. Al posto delle campagne di un tempo ora c’è la villettopoli a tutti nota, purtroppo, che ha finito di coprire di case ciò che aveva già prodotto l’abusivismo ampiamente tollerato negli anni.
Ma serate come quella di qualche giorno fa sono un segnale di come andrebbe invertita la tendenza. Puntando sugli imprenditori che ci mettono faccia e soldi (anche accettando sfide come quella di un nuovo vino) sulla qualità, sulle eccellenze che questa città ancora possiede.
Benvenuto ad Antium, dunque, con un solo “rimprovero” campanilistico: perché l’immagine di Torre Astura sull’etichetta?