Fa un certo effetto leggere che Fiumicino ce l’ha con i porti di Anzio e Civitavecchia. In realtà – a ben vedere le dichiarazioni sul sito del Comune – se la prende con l’autorità portuale che si occupa anche di Gaeta e Civitavecchia, ma la ricostruzione che viene effettuata da affariitaliani e altri siti offre lo spunto per parlare del nostro porto e, perché no, di Montino.
Inizia oggi una settimana in cui di porto si discuterà su tre fronti. Mercoledì in Consiglio regionale c’è il “question time” sull’interrogazione della consigliera del Movimento 5Stelle Valentina Corrado.
Giovedì mattina è convocato il consiglio Comunale di Anzio, su iniziativa dell’opposizione che fa riferimento a Candido De Angelis e sabato la società “Capo d’Anzio” tiene una nuova conferenza pubblica, alla quale è chiamato il sottoscritto a fare da moderatore.
Eppur si muove, insomma, avrebbe detto Galileo Galilei. In tutto questo chi manca è il Comune. Cioè chi detiene il 61% delle quote della “Capo d’Anzio” e ancora non ci fa sapere qual è la posizione ufficiale – per esempio – rispetto alle tre fasi indicate dalla società o alle intenzioni che il sindaco continua a mostrare sul bando di gara. Per la cronaca dopo aver promesso che entro ottobre avrebbe rilanciato l’iniziativa per tornare in possesso delle quote del privato – senza dar corso all’intenzione manifestata in Consiglio comunale – entro gennaio era atteso il nuovo bando. Adesso sembra che l’assenza sull’argomento sarà rimarcata dalla diserzione del consiglio comunale, al quale verrà fatto mancare – ma è una voce – il numero legale.
Né sembra esserci, al momento, via d’uscita sulla vicenda ormeggiatori che rischia di far saltare l’intero progetto. Sarebbe paradossale, una concessione chiesta nella sua totalità, data e poi “bloccata” per gli interessi di ex concessionari non solo rappresenterebbe un precedente, ma porterebbe a riscrivere le regole del Demanio. Solo che siamo in Italia, ci dissero che con il decreto Burlando i porti si sarebbero realizzati in meno tempo, ad Anzio che è stato seguito sono passati 15 anni dalla costituzione della società e 10 dalla richiesta di concessione.
E torniamo a Montino, allora, perché le sue preoccupazioni – sembra dettate più dal futuro assetto dell’Autorità portuale che altro – ci fanno tornare indietro nel tempo. A quando, per esempio, da presidente della Regione eletto da nessuno si schierava contro Anzio spalleggiato da una parte del Pd locale che fa capo a un ex senatore che cade sempre in piedi e dall’allora assessore Bruno Astorre, poi “pentito” dopo un convegno nel quale nessuno prese le sue difese fra quanti andavano a Roma a dirgli che il porto non si doveva fare.
Di Montino dimostrammo, con il Granchio, un interesse diretto a che il porto di Fiumicino si facesse – stessa procedura di Anzio, decreto Burlando – e nessuno dei sacerdoti delle procedure e delle incompatibilità trovò niente da dire. Anzi, l’accordo di programma negato ad Anzio lo votarono, in giunta, anche gli ambientalisti di Sel, quelli di lotta e di governo. Nonostante un intervento previsto in area di dissesto idrogeologico. Oggi Montino fa il sindaco e sente “minacciato” il porto della sua città. Di quello turistico mestamente naufragato, insieme ai palazzi che prevedeva, poco importa. Ma di quello che c’è sì.
So per certo che il sindaco di Anzio ha lo stesso interesse per le sorti del nostro porto, per questo gradirei – non per me, bensì per i cittadini che sono e restano i proprietari del 61% – che spiegasse una volta per tutte qual è la situazione. Basta con i fantomatici acquirenti, i “sentito dire”, i turchi-napoletani o qualche “paisà”. Prima di portare i libri della “Capo d’Anzio” in Tribunale e lasciare il porto a Marconi, rischio concreto se il Tar bocciasse quanto fatto finora, servirebbe qualcosa che si chiede da mesi: chiarezza.