“Prendersi cura”, lo straordinario esempio di Gianna

C’è un concetto che in sanità ormai è di uso comune, quello del “prendersi cura”. Se vogliamo “farsi carico”, più ancora essere empatici. Sono tutte caratteristiche che Gianna Sangiorgi aveva e che nella sua vita ha messo a servizio degli altri. A partire dai più deboli.

Lo ha fatto quando certi termini erano ben lontani dall’uso comune tra chi si occupa di salute. Lo ha fatto mettendosi a disposizione, dalla “prima linea” del Tribunale per i diritti del malato. Lo aveva aperto e ne è stata l’anima fino all’ultimo, con una capacità di comprendere le ragioni di chi denunciava e di andare a sollecitare delle soluzioni che sembrava innata.

Difficilmente la sentivi parlare di “malasanità”, ma guai a non dar retta alle sue segnalazioni. Ne sanno qualcosa al vertice del “Goretti” e a quello della Asl di Latina. Ne so qualcosa io, se tardavo a scrivere una sua segnalazione. Non mollava, fino a quando arrivava una risposta. Fino a quando non le spiegavano, ad esempio, il motivo perché la Tac andava in pronto soccorso anziché in radiologia o la nuova risonanza era diversa da quella che si attendeva. Finché non pubblicavo ciò che mi aveva raccontato, del quale potevo fidarmi ciecamente.

“Ah, oggi passi perché non hai trovato niente…” diceva con un sorriso se mi affacciavo nel suo ufficio (che fatica per ottenerlo) al piano terra dell’ospedale. E lì mi raccontava a cosa stava lavorando, al rapporto in preparazione di Cittadinanzattiva, ai primi dati che emergevano sapendo che poteva fidarsi anche lei, non li avrei “bruciati”. Aveva portato il suo metodo e la sua testardaggine anche nell’esperienza di Latina bene comune.

Aveva in qualche modo collaborato con i miei libri, fornendo spunti interessanti (grazie ancora, davvero), non era potuta venire alla presentazione dell’ultimo sulle aggressioni ai medici ed eravamo rimasti per un’altra occasione. Quando l’1 febbraio le avevo fatto gli auguri per i suoi 75 anni mi aveva “cazziato” perché andando via da Frosinone non le avevo ancora dato il contatto che le serviva per un altro dei suoi dossier sugli ospedali.

Lo avevo fatto, scusandomi, e ci eravamo fatti ancora una risata. “Aho – mi aveva detto – ora vai a riposarti al Comune” e io avevo risposto: “Basta che non trovo chi è capace a fare contestazioni come te”. Purtroppo è stata l’ultima tra di noi ed è un gran peccato.

La sanità pontina (e non solo) perde una colonna portante, i malati e i loro familiari ancora di più. Perde Gianna, un esempio straordinario di sapersi “prendere cura”.

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