
Le immagini vergognose che hanno fatto il giro del mondo, con i proprietari di scafi costretti a raggiungere a nuoto le proprie barche “ormeggiate”, scrivono la parola fine sulla vicenda del porto di Anzio. Non è solo il fallimento della Capo d’Anzio, ma di un’idea perseguita – a suon di carte rivelatesi false – da chi ha guidato la città negli ultimi 25 anni. Hanno responsabilità precise le amministrazioni che hanno governato Anzio e chi le ha sostenute, i dirigenti che si sono prestati, chi veniva a miracol mostrare presiedendo la società, il privato che ha fatto il suo gioco per arrivare a questo punto con l’intenzione di prendersi tutto, da ultimo la commissione straordinaria e – per quanto concerne la sicurezza – la Capitaneria di porto.
Partiamo proprio dalla Guardia costiera: possibile che a fronte del caos che si è creato nel bacino nessuno intervenga? Si può nuotare in porto, benché per raggiungere il proprio scafo? Arriviamo alla Commissione: il prefetto Scolamiero, insieme ai colleghi Tarricone e Anatriello hanno sperato fino all’ultimo che la palla passasse alla politica e di uscirne indenni. Avevano tutti gli “alert” rispetto alla situazione, l’ex amministratrice Marzoli – arrivata passando per Aet e finita a presiedere Acqualatina – ha chiesto invano cosa si volesse fare ma non risulta che la Commissione si sia mossa prima di ora e della delibera adottata all’indomani della liquidazione. Con i poteri di sindaco, giunta e consiglio e senza dover rendere conto a maggioranze, si poteva mettere in conto che l’esercizio provvisorio poteva non essere accordato e si doveva preparare un piano “B”. Non è stato fatto e l’affannosa ricerca di una soluzione, oggi, rischia di mettere una pezza peggiore del buco. Ci sono i posti di lavoro da salvaguardare, certamente, ma nessuna “scorciatoia” e attenzione alle compatibilità o meno di dirigenti che stanno seguendo la cosa.
Chi la “pezza” ce la metterebbe volentieri è Renato Marconi con la sua Marinedi. Che avrebbe fatto ciò che aveva già portato a termine con Italia Navigando lo abbiamo ripetuto, in questo umile spazio, per anni. Ha contribuito alla gestione della società ma, da scaltro imprenditore, ha dalla sua la “road map” firmata da Bruschini, i patti parasociali che secondo lui De Angelis avrebbe disconosciuto, i verbali nei quali il suo fido avvocato Bufalari faceva scrivere che si doveva ricapitalizzare, una serie di crediti che superano il debito che ha nei confronti della collettività per il suo 39% della fidejussione che per ora ha pagato il Comune, quindi noi cittadini. Si è detto pronto a gestire in via provvisoria il porto. Una anticipazione di quello che potrebbe diventare definitivo. Se non fosse che “radio banchina” continui con insistenza a parlare di “cordate” pronte a intervenire. Ne abbiamo sentite di tutti i colori, in questi 25 anni, ma stavolta non sembra un mistero che lo stesso Marconi (che parte in vantaggio come creditore, benché non privilegiato) stia lavorando per una ma che l’altra sarebbe addirittura capitanata – udite udite – da Ernesto Monti.
Sì, il professore del crack Trevitex (e non solo) che insieme ad altri si è salvato dal falso in bilancio prima contestato e poi “rimangiato” dalla Procura di Velletri, con conseguente assoluzione. Non stupisce, conoscendo la storia di quel palazzo di giustizia che come diciamo da queste parti, dove vede e dove cieca. Ricordiamo che Monti riportò in attivo un bilancio che aveva una perdita, anzi due, spostando delle poste. Uno dei tanti “carta vince, carta perde” intorno alla società. Alla luce di quello che successivamente ha scritto la Marzoli e della liquidazione della società, è evidente che quei bilanci erano falsi ma ormai è acqua passata. Lo stesso Monti, insieme all’ingegnere Ievolella non più tardi di due anni e mezzo fa sono stati in Consiglio comunale a proporre una nuova fidejussione che avrebbe risolto i problemi e che per fortuna nessuna banca ha concesso.
A favorire questi “movimenti” c’è stato anche il dirigente dell’area finanziaria, il dottor Luigi D’Aprano, qui ribattezzato “Signorsì”, il quale in una relazione al bilancio consuntivo del Comune la Capo d’Anzio voleva liquidarla, ma cambiato sindaco e sentito Monti ci ha ripensato e ha continuato – copiando e incollando – a dire che la partecipazione del Comune era strategica. Facendolo votare in più delibere, parlando di piano industriale che non abbiamo più visto e via discorrendo. Esiste ancora il falso in atto pubblico? Così, per capire….
Arriviamo alla politica, infine, a chi ci ha portato Marconi, chi se lo è tenuto, a chi diceva che l’avrebbe cacciato ma poi firmava “road map”, a chi ha continuato a promettere, a chi si è girato altrove. Le responsabilità gestionali sono senza dubbio del centro-destra. Si continua a buttare la palla in fallo laterale su quanto fece la Regione guidata da Marrazzo e dal centro-sinistra (eravamo al 2005-2006, secondo le promesse di chi si ricandidava dovevano essere iniziati i lavori) ma si dimentica di dire che dalla concessione del 2011 in poi, in Comune si è dormito assai. O, peggio, si è fatto finta di dormire forse proprio per arrivare fin qui. In tutto questo, il centro-sinistra non è stato nemmeno capace a provare a mettere all’angolo la Regione, a far impegnare la giunta Rocca su una soluzione pubblica che salvaguardasse la concessione. Che so, un ordine del giorno, una mozione, sull’idea – sinceramente difficile da percorrere ma che politicamente si poteva anche immaginare e condividere – di passare tutto all’autorità portuale. Forse oggi non saremmo qui, non avrebbero incertezza i lavoratori, i sub concessionari, non avremmo esposto quel che resta della società a un contenzioso con chi gli ormeggi li ha comunque pagati e oggi deve andare a riprendersi la barca a nuoto, senza sapere chi la controlla o cosa succede se c’è una mareggiata. Solo che i se e i ma non fanno la storia.
La storia è quella di un porto che è stato di Nerone, opera di ingegneria idraulica ancora oggi studiata in tutto il mondo, ha salvato un futuro Papa, è stato realizzato altrove (sbagliando) ma ha visto transitare imbarcazioni leggendarie della marineria italiana. Un porto, come pochi, “dentro” alla città. Una storia che – come non bastasse lo scioglimento per mafia – è stata calpestata da bramosia di potere e carte false. Su queste ultime, “cordate” e avvoltoi sono pronti a intervenire. A noi resta la vergogna, a chi ci ha portato fin qui forse nemmeno quella.