
Giampiero Faraone (Foto Ezio Ratti-Fibs)
E’ una buona notizia per Nettuno e per il baseball quella di una sola squadra in Ibl dopo le divisioni delle ultime due stagioni. L’annunciata “fusione” che ieri è stata illustrata in conferenza stampa arriva al culmine di un periodo a dir poco paradossale fatto di divisioni, screzi, giocatori in giro per l’Italia, ricerca di “affari” sui cartellini, spaccature politiche e sulla gestione degli impianti. L’assurda vicenda del “Borghese” che alla fine, pare, tornerà agibile ma sul quale pesano ancora vicende relative alle forniture idrica ed elettrica, ad esempio.
Per questo unirsi è bene, ma i nodi al pettine – da quel poco che si riesce a capire a distanza – sono ancora diversi. E non semplicemente sulla guida della squadra, una A federale, una franchigia che non c’è ancora, i tesseramenti da definire.
Per questo qui, da osservatore, appassionato e “cugino” in fatto di città, provo a proporre un vero passo indietro di chi, volente o nolente, si è trovato in questi anni non all’interno di una saga sportiva ma politico-burocratica-simil affaristica.
L’idea per rifare un grande Nettuno, nel desolante panorama del baseball italico, potrebbe essere quella di chiedere a Giampiero Faraone di diventare presidente della società e garante dell’operazione. Un po’ come fu Zoff alla Lazio, un nome al di sopra di ogni sospetto. Poi un passo indietro gli altri, perché sia unità vera e non solo un’operazione necessaria per ritrovare – tutti – la dignità perduta dietro a vicende che con il baseball hanno avuto poco a che vedere.
Se l’idea sembra campata in aria, se Giampiero non ha alcuna voglia, se l’intesa raggiunta porta già a una reale unità e l’umile proposta fatta qui appare fuori luogo, ok.
Perché è un bene per Nettuno e per il baseball.