E’ facile dire che con Antonio Rotelli se ne va un pezzo di storia di Anzio. Scontato, forse. Allora è bene aggiungere che se ne va un’altra parte di quella città “genuina” che abbiamo avuto la fortuna di conoscere. Antonio, detto “Patalocco” per le sue gesta calcistiche, era stato un’ottima mezz’ala – termine che nel calcio moderno è scomparso – una bandiera di quell’Anzio che univa il paese intero, senza pensare a quote societarie o carriere politiche, “cordate” o rendite di posizione. Le “rovesciate alla Patalocco” sono, ancora oggi, qualcosa che raccontiamo sia per la capacità tecnica (piace immaginare che lo straordinario primo gol in serie B dell’anziate Cassio Cardoselli, proprio su rovesciata, abbia un qualche legame con quei con i funambolismi di allora sui campi in terra battuta) sia per qualche strafalcione in politica. Perché dopo il calcio, Antonio è stato per 15 anni protagonista della vita amministrativa della città. Tra l’80 e il ’95 consigliere comunale e assessore per il Psdi, una passione che non è mai venuta meno anche successivamente. Era una politica, anche quella, più “pane e salame” come avrebbe scritto Gianni Mura. Al quale un personaggio come Antonio sarebbe certamente piaciuto.
Era una politica senza social, senza insulti, più “umana” ma anche durante la quale Anzio è rimasta paese, senza mai decollare verso la città alla quale poteva e doveva ambire. Non è un mistero che per il suo ruolo all’Inps, Antonio fosse un punto di riferimento se c’erano pratiche da sistemare. Lui ascoltava e risolveva, anche se non eri del Psdi, ma era ed è quell’andazzo paesano a chiedere e ottenere favori che evidentemente non è mai venuto meno. Un paese che in questo senso è rimasto al familismo amorale studiato in sociologia. Però in quella politica più “genuina” c’erano il rispetto oggi perduto, il valore di una stretta di mano, c’era la voglia di trovare soluzioni e non di “eliminare” avversari.
Ultimamente ci confrontavamo in piazza, prima dell’emergenza Covid, in precedenza quando accompagnava o prendeva i nipoti a scuola (un abbraccio a distanza a Fabio, Gianluca e tutti i familiari). Sulla mia candidatura disse – e lo sapevamo – che le speranze erano poche, perché avrebbe vinto l’arroganza. Quella che non ha mai avuto e che in quel mondo politico che lascia con la sua ultima “rovesciata”, non c’era. Ciao Antonio.