Turcotto, quell’evento è qualcosa di più

enrico

Enrico Garzia

Sarebbe bastato vedere le presenze. Tante autorità, i familiari, i dipendenti, clienti affezionati, altri ristoratori. L’hotel Garda pieno come di rado capita in occasione di eventi. Sarebbe bastato a dire, da solo, del successo del ristorante Turcotto, del libro e della festa per i 200 anni.

Sarebbe riduttivo, però, fermarsi solo a questo o alla pubblicazione curata da Ermelinda e Maria, l’ottava generazione che ora sta portando avanti il locale. In quel “Papà te lo avevo promesso” detto da Enrico Garzia, la settima generazione, c’è l’aspetto personale e familiare, ma la storia di questa attività, i ricordi che si ritrovano nel libro, le foto e gli aneddoti, ci dicono molto di più.

Per questo sarà bene sfogliare quelle pagine che raccontano di una famiglia, non c’è dubbio, dei suoi legami nel tempo, dell’essersi necessariamente “allargata” ma di cosa è stata questa città. Ci dicono qualcosa, come ha giustamente sottolineato Clemente Marigliani che ha curato la pubblicazione, che dobbiamo tenere a mente.

Questa era – e per molti versi resta ancora – una città straordinaria. Fatta di gente operosa, capace – come i Garzia – di scrivere pagine di storia della ristorazione. Fatta di ragazzi che hanno imparato in quelle attività l’arte della cucina e l’hanno esportata, facendo crescere ad Anzio negli anni un settore di eccellenza secondo a nessuno. Nell’intervento di venerdì sera ho sottolineato un abbraccio, l’occhio del cronista ha colto quello vero, quasi commosso, tra Walter Regolanti ed Enrico Garzia. Due “icone” dell’enogastronomia di casa nostra. E’ stato un momento bello. Ci dice che nella concorrenza che ha da esserci questi signori – e con loro tutti quelli che con grande professionalità lavorano nel settore – portano in alto il nome di Anzio.

Del paese dove ai ragazzini si chiedeva di andare a recuperare il vino che finiva, di pulire i “verdoni” e che si accontentavano a San Giuseppe delle frittelle. Dell’evoluzione sociale, certo, dell’espansione urbanistica, ma anche della bellezza immutata e unica al mondo dell’area archeologica.

Del paese che nel diventare città rischia di perdere memoria, identità, storie orali che si cominciano, invece, finalmente a fissare.

Per questo sono più dell’anniversario del Turcotto quel libro e quell’evento, sono la dimostrazione di una città che è sempre stata capace – nei momenti difficili – di ripartire. E l’ha fatto partendo dalle cose migliori.

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