Addio a Emmanuel Miraglia, un “faro” nella sanità e quell’abbraccio paterno…

Ho fatto come lui, ho preferito aspettare. Lo chiamavi per sapere dell’accordo con Regione, Università e Asl finalmente raggiunto ma rispondeva “non è il momento”. Sul “taglio” potenziale di alcuni posti letto… “meglio aspettare” e via di questo passo. Lo faceva ogni volta, non prima di essersi complimentato perché avevo saputo e avevo tutti gli elementi a disposizione.

Avrei potuto scrivere, ma senza la posizione di Emmanuel Miraglia – presidente del Gruppo Giomi scomparso una settimana fa – non sarebbe stata la stessa cosa. Perché averla, una sua dichiarazione, era un valore aggiunto. Alcune cose uscivano lo stesso, “off record” come diciamo nel nostro mondo, ti dava conferme o indicazioni importanti. Avere la sua fiducia, per chi fa la nostra professione, non era semplice. Anzi.

La sua scomparsa mi ha profondamente addolorato, perché come in molti casi della vita da uno scontro nasce poi un rapporto sincero e leale. Con lui, posso dirlo, un’amicizia. Molti hanno ricordato l’imprenditore illuminato ed Emmanuel era certamente un “faro” nel mondo della sanità (“basta con questa storia dei privati, diamo un servizio pubblico fondamentale”), hanno sottolineato i suoi successi, ricordato che chiedeva amore e passione in tutto ciò che si faceva. A me piace sottolineare degli episodi, l’ultimo qualche settimana fa…. “Bravo, non mi hai invitato alla cerimonia delle borse di studio….” e lui “ma sei un uomo ormai troppo impegnato per queste cose…”.

Era iniziata male, tanti anni fa, lavoravo a Latina Oggi e un’indagine della Finanza riguardava l’Icot. Ne scrissi, se la prese, andai in istituto e trovai il “gotha” ad attendermi. Io, giovane cronista, e lui che incuteva un certo timore, il professor Pasquali Lasagni, altri dirigenti. Non alzò la voce (e non glie l’ho mai sentita alzare) ma spiegò con fermezza le sue ragioni, poi “però la prossima volta chiama prima…” Quell’inchiesta finì in una bolla di sapone, ma da quel giorno ci sentivamo ogni volta che si ponesse un problema relativo all’istituto o al gruppo o quando avevo da chiedere consiglio su alcune vicende sanitarie singolari. Quando chiamava, invece, la notizia era assicurata. Come l’unica volta che lo vidi in una certa difficoltà, lui sempre tutto di un pezzo e apparentemente algido: “Giovanni, quest’anno per la prima volta non faremo assunzioni stagionali durante le ferie, non ne abbiamo la possibilità”. Non ricordo quanti anni sono passati, ma era un momento di crisi, dovuto al fatto che la Regione non erogava i fondi e l’azienda, la “sua” creatura, viveva un momento difficile “Però, ricorda, noi non abbiamo mai cacciato nessuno”. Ed era vero, verissimo. Così come la sua lungimiranza ha portato all’intesa con La Sapienza, alla realizzazione di uno dei primi “hospice” a Latina, alla Rsa. Perché puoi nascere come istituto ortopedico, ma l’evoluzione delle tecniche riduce i tempi di intervento e quelli di degenza, così devi necessariamente riconvertire. Nel periodo Covid le sale operatorie dell’Icot sono state a disposizione del “Goretti” da un giorno all’altro e pazienza se sui conti, forse ancora oggi, non si trova la “quadra”. Da Latina al resto del gruppo, invece, i rapporti con la Cina, quelli con la Germania, le Rsa che diventano anche luogo di vacanza, gli istituti d’eccellenza anche a Cortina e Firenze, la nutraceutica e chi più ne ha, ne metta.

Dicevo del nostro rapporto, però, ad esempio di quando gli dissi che mi sarei candidato sindaco ad Anzio e rispose “sei matto, però chi ci mette la faccia in una situazione difficile ha tutta la mia stima”, poi ridendo “ah ma quella per te ce l’avevo già prima”. I complimenti per la seconda laurea, in comunicazione scientifica e biomedica? “Ora sì che sei proprio sua sanità”, quindi l’abbraccio quando da Latina andai a Frosinone per il Messaggero (“ma continua a seguirci”), la recente scelta di lasciare il giornale, i libri sul sangue e le aggressioni ai medici, le chiacchierate su un mondo dell’informazione radicalmente cambiato, i consigli di fronte ad alcune vicende con la Regione. Emmanuel è stato un “faro” nel mondo della sanità, certamente, ma per chi lo immaginava distaccato, freddo, calcolatore, c’è un episodio su tutti che mi piace citare: Expo di Milano 2015, giornalisti invitati per l’incontro sul distretto sanitario del basso Lazio che Unindustria presentava proprio lì. A farlo era Fabio, uno dei figli, allora presidente dell’associazione degli industriali a Latina, il quale evidentemente “sentiva” quel momento. Emmanuel aveva capito, così fece gli ultimi passi verso la sala della presentazione prendendolo sottobraccio, con affetto, paternamente. Ecco, a me piace ricordare quel gesto per riassumere chi fosse, con il cruccio – adesso – di non poter fare quell’incontro che ci eravamo promessi ad Anzio.

Abbraccio ancora forte Fabio e Massimo, i figli con i quali ho più avuto a che fare per ragioni di lavoro, tutti gli altri familiari e idealmente l’intera famiglia del gruppo Giomi che ha perduto – come il resto del mondo della sanità – una persona illuminata. Io, un amico sincero.